Dopo lungo silenzio riprendiamo la narrazione del mio viaggio.
Siamo in Focide, regione della Grecia centrale che si affaccia sul Golfo di Corinto, del quale proprio da Delfi si può avere uno splendido scorcio. Tre volte sono stato a Delfi: in quarta ginnasio nel 1997; era aprile, pioveva a dirotto e gli scavi superiori erano chiusi; nel 2011 e ancora nel 2018. Ogni volta un’emozione.
Abbarbicata alle pendici del monte Parnaso, quello delle Muse di Apollo per intenderci, Delfi è una delle parti vitali più importanti dell’intera Grecia: il suo Ombelico o Omphalos in Greco; il suo centro.
Fin da epoca antichissima tutti passarono presso questo Santuario oracolare di Apollo, che ebbe importanza enorme non solo religiosa, ma anche un ruolo fondamentale nelle vicende politiche e militari durante tutto il corso della storia greca.
Il controllo della voce del Dio dava un grande potere politico, tanto che ciò scatenò fin dal VI secolo vari conflitti armati, dei quali i quattro episodi più acuti sono noti come le quattro “Guerre Sacre”. Lo scopo di esse fu sempre in sostanza quello di controllare l’Anfizionia Delfica, cioè quella lega di popoli, i cui rappresentanti dirigevano il santuario stesso. Focesi, Tessali, Ateniesi, Spartani, i Macedoni con Filippo II ed Etoli ebbero parte importante in queste vicende.
Il santuario non era solo una potenza politica e un’ente religioso, ma, come anche ad esempio la Chiesa Cattolica in epoca più vicina a noi, una vera e propria impresa commerciale. Enormi ricchezze si ammucchiavano alle pendici del Parnaso recate da parte di tutti coloro che volessero interrogare il Dio Apollo o come forma di ringraziamento.
E’ noto ai più come la sacerdotessa nota come Pizia, invasata dal Dio, pronunciasse responsi spesso incomprensibili, che venivano sistemati da un sacerdote addetto.
Fonte di informazione di prima mano è Plutarco di Cheronea, celebre scrittore (ma non solo) vissuto tra la seconda metà del I e la prima metà del II secolo d.C., che fu anche per lungo tempo sacerdote proprio a Delfi. Vari sono i riferimenti a ciò nelle sue opere, delle quali tre sono dedicate specificamente al santuario: De Defectu Oraculorum, De E Apud Delphos, De Pythiae Oraculis.
Non per caso dunque, anche se un po’ a caso, all’ingresso del Museo Archeologico di Delfi è collocato un pilastro iscritto (Syll.³ 843A) che doveva sorreggere un busto del celebre uomo e che è databile poco dopo la sua morte attorno al 125 d.C.: Gli abitanti di Delfi assieme a quelli di Cheronea (cioè la città d’origine di Plutarco) dedicarono (questo busto di ) Plutarco, seguendo le disposizioni degli Anfizioni.
E’ un documento straordinario, perfetta sintesi di storia, letteratura e archeologia, ma, di certo privo di facile splendore è buttato lì in un angolo e dubito che più di qualche manciata di visitatori si fermi davanti ad esso, se non per leggere il cartello che indica l’entrata vera e propria dell’esposizione posto alle sue spalle.
Plutarco (De Defect. 50-51) ci parla di esalazioni provenienti dal suolo, che possedendo un effetto variabile sull’individuo come droghe o alcolici, potevano portare ad esiti molto diversi sulla sacerdotessa profetizzante; una volta la Pizia corse via come una pazza in pieno delirio e accasciatsi a terra fuori dal tempio, morì pochi giorni dopo, causando il panico e la conseguente fuga non solo di coloro che erano venuti ad interrogarla, ma anche degli stessi sacerdoti.
Mi vengono in mente due considerazioni: primo quella doveva essere roba buona e forse i sacerdoti avevano un po’ esagerato con le dosi; secondo chissà se quella volta i roganti avranno pagato o vigeva già il principio di “soddisfatti o rimborsati”.
Che poi ai tempi di Plutarco il santuario non godesse più degli antichi fasti lo dimostra il fatto che ai suoi tempi c’era una Pizia… Infatti non tutti sanno che per poter soddisfare ogni richiesta vi erano ben due sacerdotesse, oltre a una terza di riserva nel caso evidentemente di spiacevoli incidenti o di pienone (De Defect. 8).
Mi ha fatto sorridere una recente polemica sviluppatasi in Italia circa le previsioni altamente positive per l’anno 2020 del celebre astrologo Paolo Fox. Questi signori danno delle indicazioni molto generiche che potrebbero andare sempre bene e la gente si convince che funzionino; salvo che poi succede il fattaccio,vedi pandemia di covid…
A Delfi erano in effetti molto più avanti: di fronte ad una domanda davano una risposta che poteva essere interpretata in un senso o nel suo esatto contrario; e così non sbagliavano mai anche se poi a volte qualcuno pagava un certo scotto come il re di Lidia Creso o Filippo II di Macedonia venuti ad interrogare l’oracolo circa l’opportunità di muovere guerra contro l’Impero Persiano.
Il primo se avesse condotto un esercito contro i Persiani avrebbe distrutto un grande impero (Erodoto, I , 53); il suo per l’appunto…
Al secondo fu detto:”Il toro è incoronato; è giunto alla sua fine; c’è uno che compira il sacrificio” (Diodoro Siculo, 16, 91); il toro era lui…
Voglio poi occuparmi brevemente di due argomenti relativi alla penetrazione romana in Grecia e quindi alla confitta degli ultimi sovrani macedoni, ossia Filippo V e Perseo.
Il primo è una testa in marmo che alcuni attribuiscono a Tito Quinzio Flaminino, che, dopo aver sconfitto Filippo V nel 197 a.C. a Cinocefale, proclamò l’indipendenza della Grecia ai Giochi Istimici dell’anno successivo. Egli fece anche delle grandi offerte al santuario di Delfi.
Si tratta ad ogni modo di un’identificazione molto discussa e basata sul confronto con l’immagine monetale di Flaminino che compare su alcuni rarissimi stateri d’oro recanti al dritto la testa nuda di Flaminino rivolta a destra e al rovescio una Vittoria alata con palma e corona d’alloro simile a quella sulle monete di Alessandro Magno e iscrizione latina T. Quincti.
Mi preme sottolineare come si tratti di uno statere, cioè di una moneta greca iconograficamente affine a quelle dei sovrani ellenistici, coniata da Greci in Grecia per onorare questo apparente benefattore della grecità. Non sarà infatti ammissibile a Roma per oltre un secolo la comparsa del volto di personaggi in vita sulle emissioni ufficiali della Repubblica. Ed è proprio per questo che forse possediamo così pochi esemplari di questa moneta, rispetto a quelle che, in base allo studio del numero dei conii, dovettero essere prodotte: una cosa del genere non doveva fare molto piacere al Senato.
Il secondo è il celebre monumento eretto vicino al tempio di Apollo per celebrare la vittoria di Lucio Emilio Paolo nella battaglia di Pidna del 168 a.C. contro Perseo di Macedonia. Al museo è conservato il fregio che ornava il pilastro e che costituisce una testimonianza eccezionale per quanto riguarda l’equipaggiamento dei soldati dell’epoca (vedi saggio di Taylor in bibliografia).
Infine qualche foto un po’ più tradizionale:
BIBLIOGRAFIA E APPROFONDIMENTI
Epigrafi antiche di Delfi da attalus.org.
Epigrafi antiche di Delfi raccolte dal The Packard Humanities Institute.
S. Ferri*, B. Conticello, Delfi, in “EAA”, 1960: disponibile online.
Sito del Ministero della Cultura Greco.
O. Picard, Delfi, in “EAA”, 1994: disponibile online.
M. Scott, Delfi. Il centro del mondo antico, 2015.
M. Taylor, The Battle Scene on Aemilius Paullus’s Pydna Monument: A Reevaluation, in “Hesperia” 85, 2016, pp. 559-576: disponibile online.
M. Torelli, T. Mavrojannis, DELPHòI, in “Grecia”, 1997, pp. 113-133.
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