Il mio viaggio in Grecia 2015-2

LE TERMOPILI

Proseguendo verso Nord arrivo alle porte della Tessaglia, per esattezza le “Porte calde” o Termopili, uno dei luoghi più simbolici e ancor oggi celebrati dell’antica Grecia.
Qui, nella tarda estate del 480 a.C. un pugno di valorosi eroi greci guidati dal re spartano Leonida e dai suoi formidabili Trecento seppe bloccare per vari giorni l’esercito del gran Re Persiano Serse, immolandosi sull’altare della Libertà.
Quasi due secoli prima il grande poeta/guerriero Archiloco di Paro scriveva:

Del mio scudo ora si vanta un barbaro. Era un’arma
mirabile, e sotto un cespuglio l’ho lasciata – per forza.
Ma ho salvato la mia vita: cosa importa lo scudo?
Alla malora! Presto ne troverò un altro migliore.1

Diciamo pure che in maniera ironica viene evidenziata una sana voglia di vivere di un uomo normale. Lo scudo pesava parecchio ed era un grosso impedimento nella fuga. Ma gli Spartani non erano uomini normali e la loro vita era consacrata al servizio dello Stato.

Uno zoppo che partiva per la guerra, poiché veniva deriso, disse: non è occupazione per quelli che fuggono, ma per quelli che rimangono e mantengono la propria posizione.2
…Ci sembra che tu ignori quale sia il valore della libertà, che nessun uomo assennato sarebbe disposto a scambiare neppure col regno di Persia.3
Un’altra (madre) porgendo lo scudo al figlio e volendo esortarlo a comportarsi al meglio, disse: figlio torna con questo o sopra questo.4

Da questi passi emerge un’etica ferrea frutto di una vita di addestramento ai limiti dell’umana sopportazione: l’opposto di quella archilochea. Uno Spartano non era progettato per fuggire e abbandonare lo scudo, ma solo per la vittoria o la morte. In quest’ultimo caso lo scudo si trasforma infatti in un’utile barella per il trasporto del cadavere.

Certo oggi il paesaggio è profondamente cambiato a causa dell’avanzamento della linea di costa e ciò ha determinato la scomparsa di quello stretto passaggio racchiuso tra mare e monti che rese possibile l’impresa, ma il fascino supremo del luogo rimane assolutamente immutato.
L’andamento generale della battaglia è noto e può essere facilmente essere appreso da tutti.5
Pertanto menzionerò solo alcuni particolari curiosi: alcuni faceti, altri tragici, ma tutti tremendamente seri come possono esserlo solo quelli della vita e della morte.

Lì in quel momento erano schierati per caso gli Spartani. E li vide intenti in parte a compiere esercizi ginnici in parte a pettinarsi le chiome; stupefatto li guardava e li contava. Memorizzato per bene ogni particolare, tornò indietro indisturbato: nessuno lo seguì, incontrò l’indifferenza generale; ritornato al suo campo, riferì a Serse tutto ciò che aveva veduto. Serse, ascoltandolo, non riusciva a capire la realtà, e cioè che gli Spartani si preparavano a morire e a uccidere secondo le proprie forze; poiché anzi gli parevano intenti ad attività ridicole, mandò a chiamare Demarato… “Questi uomini sono venuti a combattere contro di noi per il passo e ci si stanno preparando. Hanno infatti una regola che vuole così: allorquando si apprestino a mettere a rischio la propria vita si ornano la testa”.6
“Il massimo della bellezza conviene a chi affronta il massimo rischio”7. Più che rischio direi certezza di una morte gloriosa.

Quando qualcuno disse che le frecce dei barbari avrebbero tolto loro anche la vista del sole, egli disse: “Sarà ottimo combattere nell’ombra”.8
L’ironia solleva il morale delle truppe anche nei momenti disperati.

Dopo che Serse scrisse di nuovo:“Consegnate le armi”, egli gli replicò:“Vieni a prendertele”9.
Più Laconico di così…

Morto Leonida, i superstiti si ritirarono sulla collinetta di Kolonos dove i Persiani li sterminarono dal primo all’ultimo in modo vile, ma in realtà molto più saggio e meno dispendioso di quanto avessero tentato di fare in precedenza.

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Fig. 1: la collinetta di Kolonos.

Migliaia di frecce di foggia orientale furono infatti ritrovate in questo luogo, che fu poi trasformato in un vero e proprio tumulo funerario sormontato da un famoso epitaffio di Simonide. E’ possibile vederne oggi un rifacimento moderno:

“O straniero, annuncia
agli Spartani che qui
giaciamo, obbedienti
ai loro ordini”.

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Fig. 2: l’epitaffio di Simonide.

Pur sotto un sole cocente, vi assicuro che l’atmosfera fa venire la pelle d’oca. Un’emozione davvero forte.
Una sensazione unica.

LE METEORE

Ai margini settentrionali della fertile pianura tessala si trova un luogo, oggi patrimonio dell’Unesco, nel quale la magistrale compenetrazione tra paesaggio naturale, arte e storia lasciano il fortunato visitatore a bocca aperta. Sono le Meteore (in greco Μετέωρα), termine che significa “in mezzo all’aria”. E si capisce subito il perché.

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Fig. 3: le Meteore con i suoi monasteri.

Si tratta infatti di enormi pinnacoli di conglomerato calcareo sulle cui cime, difficilmente accessibili, si svilupparono, a partire dal X secolo, una serie di comunità monastico-eremitiche. Delle ventuno originarie solo sei, oggi, sono ancora attive, ma sono ben tenute e visitabili. Appaiono come piccole fortezze autosufficienti, spesso caratterizzate da splendidi affreschi bizantini.
Verso Sud lo sguardo si perde su quella che è l’area pianeggiante più estesa di tutta la Grecia.

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Fig. 4: la pianura tessala.

Qui abitavano, fin dall’epoca di Omero, i “bellicosi Tessali10. Tra questi il più celebre di tutti fu certamente Achille, “l’incomparabile Tessalo11.
La conformazione del luogo favorì nei secoli successivi l’allevamento di cavalli, tanto che la razza locale era considerata una delle migliori già nell’antichità. L’esempio più famoso fu Bucefalo, il cavallo di Alessandro Magno. Inoltre gli stessi cavalieri tessali erano i più abili di tutta la Grecia, ritenuti pari a quelli macedoni, e accompagnarono il grande conquistatore nelle sue imprese asiatiche.

  1. Archiloco, fr. 5 West, traduzione di Dario Del Corno.
  2. Plutarco, Apophtegmata Laconica, Varia Laconum Apophtegmata., XLII.
  3. Plutarco, Apophtegmata Laconica, Varia Laconum Apophtegmata., LX.
  4. Plutarco, Apophtegmata Laconica, Lacaenarum Incert., XV.
  5. Erodoto, Storie, libro VII.
  6. Erodoto, Storie, libro VII, 208-209, traduzione di Fulvio Barberis.
  7. Paradiso 1991, p. 64.
  8. Plutarco, Apophtegmata Laconica, Leonidas Anaxandr. F., VI.
  9. Plutarco, Apophtegmata Laconica, Leonidas Anaxandr. F., XI.
  10. Omero, Iliade, traduzione di Vincenzo Monti, libro XVI, v. 90.
  11. Omero, Iliade, traduzione di Vincenzo Monti, libro II, v. 1031.

BIBLIOGRAFIA
T. Holland, Fuoco persiano. Il primo grande scontro tra Oriente e Occidente, Milano, 2011.
http://www.meteora-greece.com/
A. Paradiso, Forme di dipendenza nel mondo greco: ricerche sul VI libro di Ateneo, Bari, 1991.

 

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