OLINTO
A breve distanza dall’imboccatura del dito più occidentale della penisola Calcidica c’è l’interessante sito dell’antica città di Olinto, noto soprattutto grazie alle tre orazioni del grande retore Demostene che, drammaticamente, la riguardano: le Olintiche.
Sono tra i capolavori della sua produzione di carattere politico, che, tra il 351 e il 336 a.C., ebbe come filo conduttore una fiera opposizione alle mire espansionistiche dell’usurpatore e barbaro1 Filippo II di Macedonia.
Nei decenni precedenti, Olinto aveva progressivamente aumentato la propria influenza anche grazie a una spregiudicata politica internazionale (in realtà poi non così strana all’epoca), caratterizzata da frequenti mutamenti di alleanze. Aveva creato ad hoc nel 432, come strumento per esercitare il proprio potere, la Lega Calcidica, alla quale avevano aderito più o meno volontariamente le altre città della regione.
La Lega raggiunse il culmine del successo nel 383 a.C., quando si impadronì di gran parte del regno di Macedonia, allora retto dal padre di Filippo, e persino della sua capitale Pella.2 Che nelle azioni del futuro re abbia avuto un peso decisivo il desiderio di vendicare l’onore paterno?
In ogni caso, nei primi anni di regno, il padre di Alessandro Magno si alleò coi Calcidesi in funzione anti-ateniese e concesse loro terre e alcune città. Ma questi, timorosi della crescente potenza di Filippo, decisero di cambiare campo ed allearsi con Atene.
E’ il 349 a.C. e il re macedone…
…con numeroso esercito andando contro Olinto, città la più grande del paese, rotti in due battaglie gli abitanti della medesima, li obbligò a sostenere l’ assedio.3
Demostene incitò dunque gli Ateniesi a portare soccorso all’alleato in difficoltà:
Se invece Ateniesi, lasceremo al loro destino anche questi, e lui alla fine sottometterà Olinto, ditemi un po’ cosa gli impedirà ormai di marciare dove gli pare.4
Io propongo un duplice intervento nel conflitto:primo, proteggere le città degli Olintii e inviare a tal fine un corpo di spedizione; secondo, con altre truppe e con altre navi devastare il suo territorio.5
Ma le divisioni interne ad Atene e la necessità di intervenire militarmente nella vicina isola d’Eubea resero i discorsi del retore un mero sfoggio di sublime eloquenza senza alcun risvolto pratico e Olinto venne pertanto abbandonata al proprio triste destino.
Finalmente poi essendogli riuscito di corrompere col denaro Futicrate e Lastene, ch’erano alla testa del governo di quella città, per la loro perfìdia l’ebbe a tradimento, ed avutala la saccheggiò, ne fece schiavi i cittadini, e li vendette.6
La punizione fu di una durezza inaudita:
Quando c’era Olinto, ce n’erano altri del genere? Ritengo di sì. Forse Olinto è stata distrutta per colpa di costoro?7
Tralascio Olinto, Metone, Apollonia e trentadue città in Tracia, che tutte annientò con tale efferatezza, che ormai un visitatore difficilmente potrebbe dire se furono mai abitate.8
Filippo fece dunque di Olinto un esempio per chiunque avesse intenzione di sfidarlo: oltre a venderne gli abitanti, perlomeno quelli ancora in vita, come schiavi, la rase al suolo. Essa non fu mai più ricostruita e proprio per questo conserviamo in essa “in virtù degli scavi americani del sito (D.M. Robinson), un interessante caso di edilizia abitativa, quasi una Pompei di Grecia”9.
E’ brutto dirlo, ma i disastri degli antichi sono la gioia degli archeologi: niente di meglio che avere un terminus ante quem preciso all’anno. In realtà questa visione tradizionale derivante da Demostene va parzialmente rivista. Certo la città venne distrutta e saccheggiata, ma il retore ateniese faceva il proprio lavoro servendosi degli strumenti dei quali disponeva: l’esagerazione retorica era uno di questi. Olinto fu infatti ancora occupata, seppur in tono decisamente minore rispetto al passato, fino al 316 a.C. quando venne fondata la città di Cassandreia a non molta distanza.10 Gli strumenti di Filippo invece furono altri e, di sicuro, almeno fisicamente facevano più male…
Con la fondazione della Lega Calcidica e il progressivo incremento della popolazione, che raggiunse un massimo di circa 15.000 unità, la città si ampliò notevolmente e venne ristrutturata sulla base di un sistema urbanistico ippodameo adottato abbastanza rigidamente. In linea di massima venne cioè organizzata in base a un reticolo di strade tra loro ortogonali che determinavano la creazione di isolati identici di forma rettangolare allungata, costituiti a loro volta da case di planimetria e dimensioni analoghe disposte in due file da cinque.
Significativo è il caso della casa A 10 della collina Nord, che, pur simile alle altre, un’iscrizione ha dimostrato essere di proprietà di un certo Polyxenos, uno dei supremi magistrati della città al momento della sua distruzione. Uno degli uomini più importanti aveva cioè un’abitazione non molto differente da quelle dei suoi concittadini.
I primi studi complessivi su Olinto hanno interpretato questa situazione come un’espressione dell’ideale greco dell’isonomia, ossia dell’uguaglianza di tutti di fronte alla legge, ideando il concetto di “casa tipo” e ritenendo che eventuali variazioni rispetto a essa fossero frutto di trasformazioni successive.
Secondo Cahill invece variabilità e confusione sono inevitabili e indicativi degli aspetti dell’esistenza umana.11 Vi fu certamente una pianificazione iniziale, ma le differenze tra le singole abitazioni furono fin da subito molteplici specialmente per quanto riguarda la strutturazione e la decorazione degli spazi interni e la presenza di elementi e ambienti collegati alle diverse attività commerciali e produttive. Anche qui insomma sarebbe in realtà leggibile quella stratificazione sociale presente in tutte le poleis greche in maniera più o meno accentuata.
1. Demostene, Terza Olintiaca, 16.
2. Senofonte, Elleniche, V, 2, 12-13.
3. Diodoro Siculo, Biblioteca, XVI, 53, traduzione del Cav. Compagnoni.
4. Demostene, Prima Olintiaca, 12, traduzione di L. Canfora.
5. Demostene, Prima Olintiaca, 17, traduzione di L. Canfora.
6. Diodoro Siculo, Biblioteca, XVI, 53, traduzione del Cav. Compagnoni.
7. Demostene, Sull’ambasceria tradita, 295, traduzione di I. Labriola.
8. Demostene, Terza Filippica, 26, traduzione di L. Canfora.
9. Musti 2003, p. 195.
10. Cahill 2001, pp. 49-73.
11. Cahill 2001, pp. 194-195.
BIBLIOGRAFIA
N. Cahill, Household and City Organization at Olynthus, New Haven and London, 2001.
D. Musti, Introduzione alla storia greca, Bari, 2003.
Devi essere autenticato per inviare un commento.