“… smarrendosi, nervoso, pieno di rabbia.
E’ vivere questo?
Bisognerà sempre sottomettere il proprio pensiero, il proprio desiderio, le proprie ambizioni alla mediocre realtà?
Bisognerà mettersi il bavaglio per non urlare quel che si prova?
Bisognerà impastoiarsi per non uscire di strada?”
Max Gallo, NAPOLEONE. La voce del destino.
Sono un ipocrita. Lo ammetto, l’ho ammesso…
Passione (o guadagno per chi lo trae dalla passione altrui) ed etica… che scontro titanico!
Da oltre due anni colleziono monete antiche, acquistandole essenzialmente presso rinomati commercianti stranieri, tedeschi in particolare. La progressiva presa di coscienza dei problemi che ciò comporta, ha generato in me un cresecente disagio etico, che però la mia passione ha relegato a lungo in un angolino dell’animo.
Sono stato recentemente bannato dal più famoso forum numismatico italiano (lamoneta.it), per aver espresso le mie idee. L’articolo del codice da me infranto è questo:
8.2 Piena discrezione, da parte dei moderatori-amministratori, di espellere comunque dal forum quegli utenti che, con il loro comportamento (atteggiamento polemico, litigioso, antisocievole) risultino in qualche modo destabilizzanti per il forum, pur non infrangendo di fatto nessuna regola.
Questa invece la nota a margine del moderatore:
Le perenni lamentele contro i commercianti in genere ha creato troppi malumori fra l’utenza.
Le mie lamentele sono infatti singolari… non si accordano col pensiero dei più. Specialmente con quello dei commercianti e dei loro amici, ma anche con quello degli appassionati che di certi argomenti non vogliono neanche sentirne parlare per non farsi venire il mal di pancia. Gli altri invece tacciono, per non finire nei guai…
Hanno fatto bene a bannarmi e lo hanno fatto secondo le regole del forum. Mi sono espresso contro l’eticità del collezionare monete antiche in un contesto dove pullulano operatori del settore (i quali peraltro possono permettersi di offendere impunemente la gente) e dove si fa pubblicità a case d’asta numismatiche, che certo non gradirebbero discorsi del genere.
L’occasione del tutto è stata una discussione nella quale si parlava della famosa petizione indetta dai commercianti teutonici “For preserving the right to privately collect“. Era nata di fronte a un presunto giro di vite legislativo legato alla vendita e importazione di manufatti archeologici (tra i quali le monete), che ha avuto origine dalle polemiche sorte in Germania per il fatto che essa era, a causa della propria legislazione molto morbida, il principale paese nel quale venivano riciclati dall’Isis molti tesori dell’antichità (mica li distruggevano tutti…).
Io ho espresso la mia contrarietà a questa petizione come archeologo e amante dell’antichità, a detrimento del mio lato collezionistico: è necessario eliminare i porti franchi.
Montagne di critiche. Sempre le solite che vengono fatte in tutto il mondo contro noi “cretini talebani” archeologi, come ho scoperto in seguito… (http://culturalpropertyobserver.blogspot.it/2014/02/what-is-ethical-collecting-as-far-as.html , https://chasingaphrodite.com/2013/03/25/test-case-peter-tompa-on-cpac-the-supreme-court-and-the-trade-in-ancient-coins/ ) monete accumulate negli scantinati polverosi di musei, non sono oggetti d’arte in quanto produzioni di massa, fanno bene in Inghilterra dove se qualcuno trova qualcosa è suo (pur avendo lo Stato il diritto di prelazione sull’acquisto)…
La discussione è poi andata avanti incentrandosi sull’opportunità o meno da parte di uno Stato di alienare le proprie collezioni numismatiche… io personalmente non sono molto d’accordo, ma se ne può parlare, se si vincolassero in qualche modo le monete cedute.
Tuttavia la questione fondamentale non è questa, ma il fatto che ogni giorno appaiono in vendita migliaia di monete antiche senza alcuna indicazione sulla provenienza… e nella maggior parte dei casi essa non è probabilmente lecita (basta dare un’occhiata ad alcuni dati).
Il solito attacco personale: mi è stato chiesto se acquisto solo monete con provenienza lecita e accertata. La risposta che ho dato è stata no, che sono un ipocrita. Sarebbe ideale rifarsi ai principi stabiliti dall’UNESCO all’inizio degli anni ’70 (http://portal.unesco.org/en/ev.php-URL_ID=13039&URL_DO=DO_TOPIC&URL_SECTION=201.html). Le monete disponibili diverrebbero però in tal modo enormemente più care e non si potrebbe praticamente mai fare una vera e propria collezione.
Il punto non è che è immorale vendere monete antiche, ma che è necessario fermare il saccheggio indiscriminato di esse, la loro sottrazione dai contesti archeologici con la perdita di informazioni che ciò comporta; tra l’altro fare un buco per portar via monete significa anche danneggiare irreparabilmente il resto della stratigrafia e non solamente portare via queste stesse…
In Inghilterra il fatto che sia lecito andare per campi col metal detector alla ricerca di antichi tesori è un fatto disastroso: se all’interno di una sepoltura ci fossero delle monete, lo scopritore armato di pala e piccone distruggerebbe tutto per recuperare il suo gruzzoletto.
Ciò non è diverso da un fatto che ho potuto vivere di persona. Durante uno scavo archeologico con l’università (in Lombardia) una mattina trovammo il mio settore simile a una forma di groviera: tanti buchi chirurgici con attorno cocci spaccati e la stratigrafia devastata… evidentemente certi signori armati di metal detector avevano recuperato i manufatti metallici (come per esempio monete).
Io stesso ne trovai una in quello scavo: si trattava di un asse repubblicano con prua e testa di Giano, molto malridotto, comune… ma all’interno del suo contesto aveva un valore enorme.
Voi avreste acquistato quelle monete?
No?
Allora perchè acquistate monete che provengono da situazioni analoghe?
Perchè fate finta di non saperlo? Vi da forse fastidio sentirvelo dire?
La stessa legge Urbani sui beni culturali, stabilisce che non tutte le cose di interesse numismatico siano beni culturali, ma solo quelle che in rapporto all’epoca, alle tecniche ed ai materiali di produzione, nonché al contesto di riferimento abbiano carattere di rarità o di pregio anche storico.
Se confrontiamo quanto scritto sopra con l’affermazione sottostante notiamo senza dubbio una forte contraddizione (è lo stesso articolo):
E, sul punto, non può che concordarsi con la logica sottintesa, in quanto una cosa è possedere una Litra timoleontea e, ben altra un Tetradrammo di Eveneto! (http://www.altalex.com/documents/news/2010/11/02/collezionismo-numismatico-spunti-di-riflessione-fra-legge-e-giurisprudenza).
L’autore dell’articolo, così come quasi tutti i collezionisti, ignora completamente la questione del contesto: da un punto di vista storico/archeologico una comune litra timoleontea in contesto vale ben di più di un rarissimo (e costosissimo in termini di vil denaro) tetradrammo di Eveneto proveniente da chi sa dove…
E tanto per restare in tema di monete siciliane qualche anno fa un famoso dealer americano, che tra l’altro riforniva anche la prestigiosa ANS, è stato beccato con le mani nella marmellata a vendere monete di recente “scoperta”: “There’s no paperwork, I know this is a fresh coin, this was dug up a few years ago.” (https://chasingaphrodite.com/tag/ancient-coins/).
Condannato e costretto a scrivere un articolo sul collezionismo di monete ha dato quasi solamente consigli ai collezionisti, sviando dalle questioni fondamentali connesse alla vendita di monete provenienti da recenti saccheggi:
http://paul-barford.blogspot.it/2012/09/weiss-we-americans-should-lead-by.html
Anche in seguito a questo scandalo i più prestigiosi musei mondiali e associazioni numismatiche, come appunto l’ANS o il British Museum, hanno adottato misure più restrittive relative all’acquisizione di nuovo materiale numismatico, che deve accordarsi con le linee guida UNESCO, ossia essenzialmente avere una tracciabilità prima del 1970.
The ANS supports the spirit and intent of the UNESCO Convention on the Means of Prohibiting and Preventing the Illegal Import, Export, and Transfer of Cultural Property of November 14, 1970. The Society shall not knowingly or willfully acquire, purchase, or exhibit numismatic materials that have been unlawfully removed from archaeological sites, stolen from public or private collections, exported from their country of modern discovery in contravention of that country’s laws, or otherwise imported into the United States in contravention of any State or Federal laws. (http://numismatics.org/About/AcquisitionDeacquisition)
Objects acquired for the collection should have a documented legal history; which,
where applicable, should extend back before November 14th 1970…
https://www.britishmuseum.org/pdf/Acquisitions%20policy%20July%202013%20FINAL.pdf
Da dove provengono le migliaia e migliaia di monete antiche messe in vendita sulle varie piattaforme online di mezzo mondo? E soprattutto di Stati Uniti, Gran Bretagna e Germania, che sono dei veri e propri porti franchi attraverso i quali passa e può venire riciclato di tutto, anche a vantaggio di organizzazioni terroristiche internazionali, senza che nessuno faccia domande indiscrete.
Di molte monete si è perso il pedigree dicono i lobbisty-commercianti: https://www.academia.edu/12349556/Requiring_Provenance_-_An_Injustice_to_Ancient_Coin_Collectors.
Qui e altrove vengono riportati casi di monete delle quali si è riscoperta una lontana provenienza… ma quante sono? Poche, molto poche…
Tanto più che spesso i pedigree vengono volontariamente eliminati per nascondere i precedenti prezzi di vendita e soprattutto per potere fare un po’ di chirurgia plastica sulle monete…
http://www.coinweek.com/expert-columns/some-appreciate-rare-coin-pedigrees-some-destroy-pedigrees/
Direi niente a che vedere con quanto succede dal lato opposto: vogliamo parlare delle 170.000 monete vendute da un singolo ebayer e provenienti dai pressi di Viminacium, nell’attuale Serbia? Del fatto che nelle aste Triton CNG solo 32 su 19.087 monete antiche avevano un pedigree pre-1973 e l’80% nessun tipo di indicazione di provenienza?
Ma da dove vengono dunque?
Molte da “collezione del signor Pinco Pallino perfetto sconosciuto”, o da “collezione di un dottore formata prima del 2005” o cose del genere. Era forse meglio non scrivere nulla…
Una risposta potrebbe fornircela questa calcolo:
If one assumes that this one-month period reflects trends throughout the year, one may conclude that between approximately 260,000 and 280,000 coins are sold each year on the eBay-U.S. web site, not counting bulk lots.
E ancora:
Clearly, there is systematic looting for ancient coins in places like the Balkans as well. One documented case reports the seizure of 60 kg of ancient coins (19,860 specimens) at the Frankfurt airport that had been smuggled from Bulgaria. The shipment was bound for the United States and the individual shipping them had previously been arrested multiple times for antiquities smuggling and was associated with high-ranking politicians. For jurisdictional reasons, the coins were transferred to Munich where they were released by the Prosecutor’s Office and have presumably reached the United States for commercial profit. Customs officials in Frankfurt continued to investigate the shipment and determined that this was one of several which had passed through Frankfurt to the U.S. They also estimated about one ton of ancient coins (c. 340,000) from Bulgaria had been shipped to the U.S. by this single individual, presumably spoiling dozens of archaeological and historical sites in the search for them. This was not an isolated incident; a similar shipment from Eastern Europe was seized on the German-Austrian border in 1999 (Szemethy 1999a; 1999b; 2000). Despite the increasing awareness of the general public and the professional community about looting and cultural property issues, the trade in undocumented ancient coins continues to grow and remains a serious problem for those wishing to preserve valuable information about the past and protect our common cultural heritage.
http://savingantiquities.org/why-coins-matter-trafficking-in-undocumented-and-illegally-exported-ancient-coins-in-the-north-american-marketplace/
Le monete, e specialmente i bronzi, provengono per lo più da zone limitrofe a quelle di coniazione (http://coinarchaeology.blogspot.it/2014/05/import-restrictions-and-coins-lobbying.html).
Un caso che ho potuto osservare personalmente è quello dell’enorme quantità di monete in bronzo della Lega Tessalica o delle città dell’Asia Minore messe in vendita su ebay da alcuni rinomati commercianti tedeschi… spesso ancora sporche di terra e delle quali è abbastanza evidente la provenienza da scavo. Ma precisamente da dove? Elementare Watson: Grecia e Turchia.
Nel sito Lamoneta.it all’inizio di ogni sezione c’è un bel topic sulla questione del metal detector e di come la legge italiana vieti il suo utilizzo…
http://www.lamoneta.it/topic/30759-lamonetait-e-metaldetector/
Noto una certa ipocrisia rispetto alla realtà dei fatti…
Parlando poi della situazione italiana, la principale lobby di commercianti (NIP) si impegna a fornire garanzie circa la “lecita provenienza” delle monete antiche vendute… peccato che:
e’ bene evidenziare e ribadire come siano vietate severamente dalla legge:
1. le cessioni e/o acquisti di materiale numismatico di interesse archeologico rinvenuto nel sottosuolo o nei fondali marini,
2. le cessioni e/o acquisti di materiale numismatico provento di furto;
3. le cessioni e/o gli acquisti di materiale numismatico importato illecitamente.
http://numismaticamente.it/collezionismo-numismatico/fenomeni-giudiziari-collezionismo-numismatico-italiano
Sulla base di siffatte considerazioni, appare chiaro che una cosa è il comportamento illecito del tombarolo, il quale, giustamente va perseguito, e ben altra quella del collezionista, il quale, nell’ipotesi di eventuale controllo delle autorità, mostra la propria collezione di monete; allega, o meglio ancora, documenta e comprova la provenienza, per mezzo di ricevute (anche virtuali, es: pagina- acquisto su portali del e.commerce, quali eBay), di scontrini fiscali e fatture e di dichiarazioni rilasciate dal venditore circa la legittima provenienza delle monete; o ne documenta, anche per dichiarazioni verbali (es. un parente) la provenienza per eredità o per donazione.
http://www.altalex.com/documents/news/2010/11/02/collezionismo-numismatico-spunti-di-riflessione-fra-legge-e-giurisprudenza
Quella moneta della quale ho postato sopra la foto, in quanto acquistata da un rivenditore internazionale e con regolare ricevuta, sarebbe dunque in Italia di “lecita provenienza”?
La triste risposta è SI. A mio modo di vedere questa è una forma di riciclaggio.
Una moneta scavata in un campo, ripulita, lucidata e che mio cugino afferma essere del nostro bisnonno, sarebbe dunque in Italia di “lecita provenienza”?
La triste risposta è SI.
Come ho detto sul forum prima di essere epurato a causa delle mie idee perniciose il comportamento di questi signori non è illegale (a meno di non essere colti in flagrante), dato che de facto la legge glielo permette, semplicemente NON etico…
Mi fanno infine ridere certe diffuse affermazioni del tipo:
con la numismatica si allontanano i giovani dalla playstation e li si avvicina alla storia…
maneggiare una moneta antica è come toccare con mano la storia… è emozionante pensare a chi possa averla posseduta…
Attraverso il saccheggio di monete antiche la storia viene infatti spazzata via.
L’unico modo per conoscere veramente , per quanto poco sia possibile, le vicissitudini di una moneta è infatti studiare il suo contesto di ritrovamento…
Ma a quanto pare quest’ultimo non conta nulla, almeno per i più.
Voglio poi riportare il delirante concetto espresso da un operatore del settore e cioè che quella della numismatica è solo una fettina insignificante del mercato nero delle antichità: quindi perchè non prendersela con quelle più grandi invece che sempre e solo con la numismatica?
Come se l’esistenza di cose peggiori ne rendesse giusta una sbagliata…
Detto questo, mi rendo conto che l’applicazione in forma stretta dei principi dell’UNESCO sia improponibile, dato che segnerebbe la fine del collezionismo di monete antiche.
E’ inutile piangere sul latte versato. I danni fatti sono ormai irreparabili.
Tuttavia è necessario prevenirne di ulteriori, ma per far ciò a mio avviso sarebbe auspicabile raggiungere un compromesso attraverso leggi che rendano impossibile vendere beni di natura archeologica (anche monete dunque) che non abbiano una tracciabilità certa (la parola di un cugino non vale… il catalogo di un’asta sì) di 15/20 anni dalla data corrente.
In tal modo il collezionismo numismatico non sarebbe eliminato (anche se ci sarebbe certamente un certo rialzo dei prezzi), al contrario degli scavatori clandestini…
Abstract:
Tanta ipocrisia e poca etica nel mondo del collezionismo numismatico. L’importante è rispettare la legge (o almeno non farsi beccare a infrangerla).
Ciao.
Personalmente dico subito che non credo che abbiano fatto bene a bannarti dal Forum.
In linea di principio e più in generale, perso che sia sempre sbagliato escludere una persona da una Comunità, salvo che la motivazione dell’esclusione non sia da ricercare nella violazione di regole di comportamento che sarebbe censurabile ovunque.
Andando al tema specifico, il problema etico che hai sollevato non è sconosciuto alla Comunità di laMoneta ma è, per certi versi, un problema irrisolvibile, alla luce della normativa italiana, che da circa un secolo – pur con periodici aggiornamenti – regola sostanzialmente in modo uniforme la materia del commercio e dei ritrovamenti numismatici.
Il rischio di un’applicazione rigorosa di questa normativa porterebbe alla paralisi del commercio, dal momento che se si dovessero verificare le provenienze ante 1909 di ogni moneta in circolazione, ben pochi sarebbero i nummi commerciabili.
Per evitare la paralisi, si è scelta una via di compromesso, rappresentata dai Registri dei commercianti sui quali vengono annotate le “provenienze” delle monete.
Poiché questi Registri sono periodicamente controllati dalle Autorità, si suppone che il materiale che supera indenne tale vaglio, ancorché di provenienza non anteriore al 1909, possa ritenersi legittimamente sul mercato.
Siamo al cospetto di una evidente “fictio iuris”, nel senso che, se si operasse uno scrutinio rigoroso (simile a quello che spesso viene richiesto in sede giudiziaria per le monete sequestrate a privati e prive di “pedigree”) non si capisce perché dovrebbe bastare una recente registrazione apposta su un Registro pubblico, per riconoscere legittimazione commerciale ad una moneta antica.
Che sia una materia intrisa di ipocrisia, non ci piove, considerando anche il fatto che i controlli sui predetti Registri pubblici sono spesso all’acqua di rose, in quanto eseguiti da soggetti che non sempre sono in possesso di adeguate conoscenze numismatiche.
Per tale motivo, detti controlli si risolvono spesso in validazioni puramente formali. Ma tanto basta.
Se poi aggiungiamo quello che già lamentavi tu in relazione al comportamento di commercianti esteri o italiani che trasferiscono all’estero le proprie ditte principalmente per “dribblare” la nostra burocrazia numismatica, possiamo certamente concordare sulla poca trasparenza e sulla scarsa etica di un sistema in perenne impasse tra legalità ed illegalità delle provenienze.
Tuttavia, allo stato dell’arte della normativa, non è semplice individuare con nettezza un punto d’incontro fra la salvaguardia di un’etica effettiva e non di pura facciata e il commercio numismatico, che peraltro la stessa legge consente.
Il rischio potrebbe essere quello di arrivare ad un divieto generalizzato delle transazione aventi ad oggetto monete antiche (che poi…”antiche”….tecnicamente basta che la moneta abbia più di 50 anni….ma anche qui ci sarebbe da aprire un altro capitolo intriso di ipocrisia..), fatta eccezione per quelle monete la cui provenienza è certificabile ante 1909.
Saluti.
Michele
Ciao,
ti ringrazio per il tuo intervento, che ho molto apprezzato, così come i tuoi altri che ho potuto leggere sul forum e che sono sempre stati connotati da notevole preparazione e imparzialità. Approvo tutto quello che hai detto, ma come avvocato tu hai parlato da avvocato… Io parlo invece da laureato in archeologia ponendo l’attenzione su tematiche quali il CONTESTO e l’ignomignosa distruzione che i contesti archeologici subiscono a opera dei cercatori di tesori… Nella legge Urbani si stabilisce che non tutte le monete siano da considerarsi beni culturali, ma quelle in contesto sì. Anche monete identiche, ma in contesti differenti, sono uniche e irripetibili e hanno un’importanza storico-archeologica enorme. L’archeologia senza contesto diventa studio antiquario…
Ci sono evidenti ed enormi aporie nella legge italiana, anche se personalmente la ritengo migliore di quella inglese che legalizza la devastazione dei siti archeologici, ma non bisogna buttar via il poco di positivo che c’è. Bisogna migliorare le cose negative; e non in maniera radicale, ma pian piano e cercando di venire incontro alle esigenze di tutti. Bisognerebbe a mio avviso condonare in maniera accettabile e con modalità da definirsi quanto scavato in passato, ma nel contempo inasprire le pene per il futuro per evitare ulteriori danni. Ma soprattutto stabilire l’impossibilità di vendere monete senza pedigree/non condonate.
Quanto al forum come ha detto un avvocato:”In linea di principio e più in generale, penso che sia sempre sbagliato escludere una persona da una Comunità, salvo che la motivazione dell’esclusione non sia da ricercare nella violazione di regole di comportamento che sarebbe censurabile ovunque.
Andando al tema specifico, il problema etico che hai sollevato non è sconosciuto alla Comunità di laMoneta ma è, per certi versi, un problema irrisolvibile…”. E dunque in che senso le mie lamentele sarebbero destabilizzanti per il forum se il problema è già noto?
Se gli scrupoli etici dei quali sono portatore si diffondessero che danno ne verrebbe al commercio di monete antiche? Perché ogni volta che ho mosso critiche al sistema sono stato oggetto di biechi attacchi personali e quasi mai connessi ai contenuti da me proposti? Semplice: se si gettano escrementi su una persona le sue idee passano in secondo piano…
Ciao.
Non vorrei essere stato frainteso e che dal mio precedente intervento fosse passato il messaggio che ritengo ininfluente il tema dei “contesti” e quello della loro distruzione ad opera dei “cercatori di tesori”.
Sono consapevole, anche se non provengo da studi archeologici, dell’importanza che ha per lo studioso qualunque moneta rinvenuta “in situ” (e dunque definibile archeologica) rispetto a quella decontestualizzata, che possiamo definire “antiquaria”.
Rispetto alla prima, vorrei tuttavia affrontare un discorso che sia calato nella realtà (se vuoi, cruda) piuttosto che limitarmi ad enunciazioni di puro principio, che lasciano purtroppo il tempo che trovano.
Se raffrontiamo i risultati ottenuti dal sistema “liberale” inglese con quelli prodotti dal sistema “statalista” italiano, non possiamo che riscontrare come, avuto riguardo alla tutela dei beni archeologici, il primo si sia rivelato finora vincente, pur con i limiti propri di un sistema che, come dici tu, lascia liberi i cercatori di tesori.
Il sistema inglese ha l’innegabile pregio di portare all’emersione dei nuovi reperti, quando invece il nostro sistema ha dato ampia prova di non aver saputo impedire il saccheggio dei siti, da cui consegue inevitabilmente la non conoscenza del luogo di ritrovamento e giacitura del reperto e che innesca poi la successiva “filiera” commerciale tanto deprecata e, soprattutto, sommersa.
Un dispositivo, quale il nostro, che prospetta una tutela che alla resa dei conti si rivela puramente teorica o, al più, che richiede interventi, in genere postumi, di “Polizia archeologica”, non funzionerà mai, perché necessità, anche per la vastità del nostro territorio ricco di reperti, del concorso indispensabile della Popolazione. Tale concorso non c’è, sia perché la Società italiana non ha un diffuso sentimento “archeologico”, sia per i rapporti tra la P.A. ed il Cittadino su questi temi, sia per la frequente prevenzione che le Autorità nutrono per chi denuncia un ritrovamento richiedendo (giustamente) il premio che la legge gli riconosce e che viene considerato, quando va bene, come un fortunato che vuole speculare ai danni dello Stato o, quando va male, addirittura come un tombarolo pentito.
Fra l’altro, tra i due sistemi, tertium non datur, nel senso che o si norma la materia come fanno i Paesi a sistema “statalista”, che attribuiscono a se stessi la proprietà a titolo originario di tutti i reperti presenti nel sottosuolo nazionale e nel fondo marino delle acque territoriali, oppure si fa come i Paesi a sistema “liberale”, dove lo Stato non rivendica la proprietà ma ha la prelazione sull’acquisto dei reperti che ritiene più importanti (e che paga), lasciando tutto il resto al ritrovatore che, se vuole, può venderseli alla luce del sole.
Quindi, pur condividendo le tue osservazioni sull’importanza che lo studioso riconnette al “contesto” di ritrovamento, vorrei osservare che dobbiamo fare i conti con la realtà, con la dimostrata efficacia (o inefficacia) dei dispositivi di tutela che i Paesi apprestano e con i risultati in concreto ottenuti.
Fatte queste riflessioni, dovremmo scegliere il sistema migliore (o se vuoi meno peggiore), che se non salva capra e cavoli, tenti almeno di salvare la capra o almeno i cavoli.
Finora. Da noi e con il nostro sistema, ha quasi sempre vinto il lupo.
Sulla questione del “condono” dei beni numismatici (o più in generale, archeologici) che si trovano nelle case degli italiani e che sono privi di pedigree di provenienza, saprai che anni fa la ex parlamentare Gabriella Carlucci propose un “archeocondono” che, quanto alle monete prive di provenienza, ne prospettava la “sanatoria” previo pagamento di un tot a moneta e successiva autodenuncia all’Autorità.
Questo “tot” da pagare non era commisurato al valore della moneta “da sanare”, ma alla moneta in quanto tale.
Da questa impostazione si capì subito che l’unico intento che si voleva raggiungere era quello esclusivo di fare cassa.
D’altro canto, la sanatoria avrebbe posto sullo stesso piano virtuosi collezionisti il cui unico errore poteva essere stato anche solo quello di aver acquistato monete senza ricevuta (o anche di averle ereditate senza ricevute) con la peggior feccia criminale.
Entrambi, una volta pagato l’obolo allo Stato (se non ricordo male si parlò di 5 euro a moneta) avrebbero “sanato” le proprie monete.
Altro che etica commerciale. Questo “condono” sarebbe stato un vero e proprio schifo da un punto di vista morale, anche se avrebbe, almeno potenzialmente, rimpinguato un poco le casse dell’erario.
Non entro poi in altri aspetti del paventato “condono” che mi sembravano allora e mi appaiono ancora adesso, odiosi.
Si va dalla possibilità che le autodenunce dei “condonanti” potessero finire poi nelle banche dati di altri Enti (Guardia di Finanza, Agenzia delle Entrate, Equitalia, ecc.) fino al timore di “fughe di notizie”, che avrebbero poi permesso ad organizzazioni criminali di fare visite notturne a casa dei “condonanti”.
Francamente, quindi, non vedrei favorevolmente un condono.
Chiudo con due righe sul Forum.
Non condivido l’impressione che laMoneta sia un “regime” addomesticato in favore delle lobbies dei commercianti.
Ci sono molte discussioni, sia nella sezione “aste” che nelle sezioni tematiche, nella quali si sono “sputt…nate” monete false o ritoccate e, con esse, coloro che le vendevano.
Avendo avuto a suo tempo anch’io dei contrasti dialettici con qualche Utente, posso assicurarti che non sono mai stato censurato ed ho sempre scritto quello che pensavo.
Posso consigliarti, se il “ban” che ti è stato inflitto è solo temporaneo, di riprendere a scrivere senza eccedere nel ribadire le tue posizioni.
Si scrive, ciascuno espone il suo pensiero, la gente legge.
L’insistenza nel ribadire i concetti non è necessaria.
Con stima.
Michele
Saluti.
Michele
Attraverso il condono, che in linea di massima non approvo, ma che al momento (in attesa di proposte migliori) riterrei la soluzione meno peggio, non pensavo certo a fare cassa… con il termine condono (probabilmente da me usato in maniera inappropriata), io che non sono avvocato, non intendevo che si dovesse pagare qualcosa, ma semplicemente creare un database (se vogliamo anche anonimo) del materiale in circolazione, in modo che tutto il resto non sia più commerciabile, se non dopo lunghi e approfonditi controlli ed esplicita autorizzazione.
Creando un limite invalicabile, che a differenza di quello Unesco dei primi anni ’70 consentirebbe ai collezionisti di crearsi comunque delle collezioni, e impedendo la commercializzazione di qualunque altra cosa non segnalata (che quindi sarebbe plausibilmente posteriore a tale limite) si taglierebbero le gambe a futuri saccheggi e nel contempo la cosa potrebbe essere accettabile anche dagli stessi collezionisti.
Cosa vuole ottenere la “casta” degli archeologi? Evitare ulteriori saccheggi.
Per fare ciò credo si debbano però abbandonare le posizioni troppo radicali e idealistiche e proporre soluzioni accettabili da tutti.
Cosa vogliono i collezionisti? Continuare a collezionare.
Il ban non è temporaneo, ma definitivo.
8.2 Piena discrezione, da parte dei moderatori-amministratori, di ESPELLERE comunque dal forum quegli utenti che, con il loro comportamento (atteggiamento polemico, litigioso, antisocievole) risultino in qualche modo destabilizzanti per il forum, pur non infrangendo di fatto nessuna regola.
Le perenni lamentele contro i commercianti in genere ha creato troppi malumori fra l’utenza.
Inoltre un conto è la questione dei falsi, che è impossibile ignorare anche perchè tocca il singolo collezionista anche privo di “etica archeologica” e deve essere gestita cercando di diffondere l’idea che il fenomeno sia sotto controllo. E in ogni caso, come ho sentito ripetere fino alla nausea: “errare humanum est” e gli errori in buona fede ci possono sempre stare. Ben altra questione è quella dell’eticità del commercio delle monete antiche, che mina le basi stesse di un settore economico estremamente redditizio. A molti non interessa e a quelli che potrebbe interessare, ma magari non sono coscienti del problema, è meglio non fare arrivare certe informazioni…
Guarda, il “condono” o “sanatoria” o come altrimenti lo si voglia chiamare, comporterebbe necessariamente un esborso economico per chi vuole “legalizzare” la propria moneta priva di provenienza e una contestuale dichiarazione o autodenuncia da rivolgere all’Autorità incaricata di fornire la “sanatoria” o, quanto meno, di prenderne atto.
Che tutto ciò avvenga anonimamente è impensabile, per motivi che non è necessario spiegare tanto sono evidenti ed intuibili.
Sebbene il data base che si verrebbe a creare potrebbe anche essere impostato “anonimamente”, cioè con un riferimento alle monete e non alle persone, continuo a pensare che l’acquisizione dei dati personali da parte della P.A. non darebbe sufficienti garanzie che gli stessi non vengano poi utilizzati per altri fini e scopi diversi dai motivi per i quali sono stati acquisiti.
Ma, a ben vedere, il “condono” avrebbe anche ulteriori difetti, forse anche peggiori di quelli appena ricordati.
Quello che tu chiami il “limite invalicabile, e cioè il momento oltre il quale, spirati i termini del condono, non sarebbe più possibile mettere sul mercato monete non condonate o di antica e comprovata provenienza e quindi, presumibilmente di recente scavo e comunque di provenienza illegale, è a ben vedere un “limite invalicabile” di carta pesta e del tutto illusorio.
Infatti, tutto il materiale non condonato dagli italiani o di recente scavo dal territorio italiano, prenderebbe giocoforza e sottobanco la via dell’estero.
All’estero verrebbe “ripulito” dai commercianti e dalle casa d’asta e proposto come materiale proveniente dalla Collezione John Smith di Liverpool ed esitato come tale sul mercato.
Rientrerebbe così dalla finestra ciò che non sarebbe neppure potuto più uscire dalla porta principale, con grande vantaggio dei commercianti esteri e a scapito dei nostri commercianti, che a quel punto non potrebbero neanche più usare i loro Registri per “legalizzare” materiale che, scaduto il condono, sarebbe assolutamente invendibile in Italia.
Non volermene, ma questa proposta del “condono”, se non ha puramente la finalità di far cassa per lo Stato, è un posizione idealista che non tiene in alcun conto della realtà delle cose.
E non taglierebbe affatto le gambe ai tombaroli nostrani, che continuerebbero a fare quello che fanno e che hanno sempre fatto, con l’unica eccezione che riverserebbero il materiale scavato ai commercianti esteri.
Quanto al “ban” dal Forum, mi dispiace apprendere che la misura nei tuoi confronti sia definitiva.
Mi sono già espresso in merito all’importanza che attribuisco alla pluralità delle voci, anche e soprattutto critiche, in una Comunità.
Ti do ragione sul fatto che l’ambiente non si soffermi a sufficienza sugli aspetti etici del collezionismo.
E ciò lo trovo tanto più sorprendente laddove a non curarsi troppo di questo aspetto siano proprio certi collezionisti.
Peggio per loro.
Saluti.
Michele
E perchè mai non potrebbe essere fatto gratuitamente?
In maniera anonima intendo senza registrare i dati della persona, ma solo quelli della moneta e ad ogni modo la P.A. possiede già tanti nostri dati sensibili… meglio forse che i dati della persona li registrino i commercianti?
Una tale manovra andrebbe sviluppata a livello internazionale per avere efficacia. Se si volesse operare solamente a livello nostrano bisognerebbe ridurla solo alle monete “condonate” in Italia o quelle di provenienza estera, ma con una storia di tot (vogliamo fare 10? 5? Non di meno però…) anni alle spalle. E con ciò intendo una prova certa del fatto che all’epoca stabilita erano già in circolazione (presenza su catalogo d’asta o database online…). Se arrivasse in Italia una moneta non corrispondente alle suddette caratteristiche sarebbe invendibile e da confiscarsi da parte delle autorità competenti…
Trovo inaccettabile e inconcepibile che il patrimonio storico archeologico sia di chi lo trova… al massimo una piccola ricompensa per eventuali scopritori casuali (se armati di metal detector, pala e piccone non vale) e rimborsi adeguati se il campo di qualcuno dovesse essere sottoposto a vincolo archeologico…
I beni culturali sono di tutti e la cosa che più si avvicina al concetto di “tutti” e lo Stato.
Non mi dispiace essere stato bannato dal forum, se non per una manciata di persone…
Voglio parafrasare e, spero non me ne voglia, parte dell’email inviatami dal Prof. Nathan Elkins, che stimo profondamente e ringrazio per la disponibilità e il sostegno:
“meglio evitare e allontanarsi dai forum gestiti da venditori e ricchi di trolls per mantenere la propria sanità mentale. Tanto non si riuscirebbe a convincere nessuno…
Ci sono voci più moderate da ambo le parti che stanno tentantando di fare progressi attraverso il dialogo e il compromesso (ANS e Coinsweekly che pubblicherà nei prossimi mesi alcuni articoli sull’argomento).
Tu dici “peggio per loro”. Io dico: peggio per tutti noi.
Davide
Scusa, ma è necessario essere molto concreti e non parlare per ipotesi astratte.
Un “condono” o una “sanatoria”, implicano necessariamente un costo da parte delle P.A., non foss’altro per l’allestimento ed il mantenimento di un data base nel quale coloro che vogliono inserire le loro monete prive di provenienza, dovranno compiere delle attività (invio di foto, peso, diametro, descrizione delle monete, ecc.).
Queste attività lasciano una “traccia” di chi entra nel data base, traccia che non sarebbe compatibile con l’anonimato.
Inoltre, anche per evitare fenomeni di “riciclaggio” (soggetti malavitosi potrebbero legalizzare nel più completo anonimato centinaia o migliaia di monete di illecita provenienza) è altamente improbabile che la P.A. non richieda le generalità di chi domanda il condono.
Ben diverso è il caso delle generalità fornite al Commerciante che si riportano nel Registro di P.S. e che vengono trattate con ben altre finalità che non quelle di ottenere un “condono”.
Rimanendo sempre su un piano di concretezza, tu osservi che il condono, per avere un effetto, dovrebbe avviarsi su un piano internazionale.
L’idea è buona ma, torno a dire, è utopica.
Se io dicessi che per controllare il territorio italiano dai tombaroli si dovrebbe allestire una rete di satelliti che, 24 ore su 24 lo monitorino, starei dicendo forse una cosa astrattamente valida e tecnicamente (forse) anche fattibile, ma del tutto irrealizzabile sul piano pratico e dunque inutile da proporre.
Ipotizzare un condono simultaneo e globale è, appunto, la stessa cosa che pensare di controllare tutto il territorio italiano con i satelliti minuto per minuto.
Il fatto poi di trovare inaccettabile e inconcepibile che il rinvenimento archeologico sia di chi lo trova, è una rispettabilissima opinione, fra l’altro avallata dalla nostra legge.
Ma in altri Paesi, anche molto civili (forse anche più del nostro), non è affatto così.
Quindi, si può non essere d’accordo, ma non ci si dovrebbe scandalizzare se, non nella Korea del Nord, ma nella civilissima e democraticissima Inghilterra, la legge stabilisce diversamente dalla nostra.
Sul fatto poi che i beni archeologici siano di tutti sono d’accordo con te, anche se poi, nei fatti, da noi questi stessi beni sono spesso appannaggio di ristrette elitè e non risultano fruibili dal pubblico.
Ma questo, comprendo, è un altro discorso.
Volevo solo osservare come talvolta da noi si enunciano “principi costituzionali” (il diritto al lavoro, l’eguaglianza di tutti i cittadini, la pubblica fruizione dei bb.cc.) e poi, in concreto questi bei principi non sono attuati.
Il “peggio per loro” era riferito alle loro coscienze. Se certi collezionisti non si accorgono di fare il gioco di commercianti senza scrupoli o, peggio, se ne accorgono, è un loro problema.
Se non ne risponderanno alle loro coscienze, prima o poi potrebbero risponderne alle Autorità.
Saluti.
Michele
Sicuramente da avvocato ti intendi più di me di questioni legislative e dunque se dici che un progetto del genere è tendenzialmente irrealizzabile mi fido di te…
In ogni caso, vista le complessità della situazione, il compromesso è inevitabile…
Parlando da archeologo sarei disposto ad accettare persino forme di riciclaggio – ma un condono in fondo che cosa sarebbe se non questo?- (anche se magari a uno che arriva con 20.000 monete due domandine gliele faccio…) se ciò portasse alla fine dei saccheggi.
Saccheggi che sono comprovati, anche se la lobby dei commercianti mantiene spesso un atteggiamento negazionista. E viste le cifre in ballo è ipocrita rifiutarsi di ammettere che la maggior parte delle monete in vendita non provengono proprio da scavi illeciti e soprattutto effettuati in anni recenti.
Per cambiare le cose è tuttavia forse meglio ribaltare la situazione e cioè non tentare un’imposizione dall’alto, ma attraverso un movimento dal basso che coinvolga un numero più ampio possibile di collezionisti.
Ho in mente un’idea a riguardo, ma mi ci vorrà qualche giorno per metterla a punto.
Ciao.
Che un compromesso sia necessario per regolare la perdurante e deprecabile situazione, mi sembra inevitabile; ma che esso non si identifichi con il “condono”, mi pare altrettanto evidente.
Come già detto, oltre ai problemi economici, tecnici, di privacy e mettiamoci anche di etica che il condono porterebbe con sè, è semplicemente illusorio pensare che che all’indomani della scadenza dei termini si riparta “dall’anno zero”.
E’ invece facilmente prevedibile che si riparta “dall’estero”, ovvero che l’Italia diventi semplicemente un Paese “esportatore” clandestino dei nuovi ritrovamenti, così come avviene in Turchia, Paese già da tempo totalmente proibizionista e dal quale le monete continuano ad uscire in maniere esclusivamente illegale (non potendo più uscire legalmente) per poi essere riproposte al mercato da operatori esteri.
Il compromesso potrebbe invece essere quello proposto dalla legge inglese, ma occorrerebbe che da noi si superino certe posizioni ideologiche che portano all’uso di termini come “inaccettabile” e “inconcepibile” e che rappresentano delle petizioni di principio che impediscono a priori anche solo il confronto fra il nostro sistema statalista e quello inglese liberale.
Ma scusa: non sarebbe preferibile un approccio al problema nel quale si ammetta la possibilità che lo Stato rinunci alla proprietà di monete di nuovo ritrovamento quando esse non apportano nuove conoscenze e dopo che lo Stato le abbia studiate anche in rapporto al sito di giacitura?
Che se ne fa lo Stato di centinaia o migliaia di monete già note, dopo che si è avuta la possibilità di studiarle?
Monete che, fra l’altro, nella stragrande maggioranza dei casi non saranno mai esposte, restaurate, valorizzate e fruite dalla Collettività proprio a causa del fatto che sono comuni e già abbondano nei medaglieri pubblici?
Ma non sarebbe a quel punto preferibile che esse finiscano nelle raccolte dei collezionisti, che avranno pure tutti i difetti di questo mondo ma che le custodirebbero con la massima cura?
Almeno su quest’ultima cosa, penso che non ci sia il minimo dubbio.
Non potrebbe essere questa una strada da valutare per raggiungere lo scopo vero che si prefiggono gli studiosi, che non è poi quello che lo Stato accumuli nei suoi scantinati monete comuni e di nessun interesse quanto piuttosto quell’altro di studiarle in relazione al loro contesto?
Se poi vi fossero degli “unicum” o delle monete non presenti nelle raccolte pubbliche, allora avrebbe senso anche acquisirle, dando la giusta ricompensa a chi le ha ritrovate.
Ma negli altri casi quale sarebbe il vero scopo “dell’accaparramento” da parte dello Stato di tutto questo materiale, dopo che esso sia stato studiato?
Quanto alla “negazione” dei saccheggi, non so chi possa negare il fenomeno.
A partire dall’ex “Board member” della ANS, Dr. Peter Weiss, del quale hai già parlato tu nell’intervento di apertura, fino all’ultimo tombarolo di casa nostra, i saccheggi di reperti archeologici sono un’evidenza impossibile da negare.
Sul fatto poi, come scrivi, che “la maggior parte delle monete in vendita” provenga da scavi illeciti e recenti, non ho elementi certi per poter esprimere un giudizio così netto, ma è chiaro che sono pronto a considerare qualunque elemento concreto che possa avvalorare la tua ipotesi, che non sia però una mera supposizione.
Saluti.
Michele,
Innanzitutto se persone più preparate e addentro in queste problematiche di me non hanno ancora risolto la situazione non posso sperare di farlo io in quattro e quattr’otto.
Nonostante i tentativi, peraltro ben riusciti, di censura ciò che posso fare è mantenere viva, nel piccolo di questo blog, l’attenzione per una tematica che spesso si tenta di insabbiare.
Compromesso, parola che in realtà a me non piace molto, significa accettare il male minore.
I problemi economici, tecnici e di privacy di un eventuale condono a mio avviso non sussistono. Per quanto riguarda la privacy si schederebbe solo la moneta, per il resto basterebbe un piccolo investimento da parte dello Stato, ma capisco che sia impossibile laddove il nostro patrimonio culturale è lasciato andare in rovina (vedi per esempio Pompei che cade a pezzi, letteralmente).
Il problema che, così facendo, diveremmo un paese esclusivamente esportatore lo condivido appieno, sempre che non si riesca a sviluppare un discorso del genere a livello internazionale. Ma mi rendo conto che sia una chimera.
Quindi mi rendo conto di come sia una soluzione utopistica, anche se non concordo con le motivazioni da te addotte perchè sia tale.
Tu dici di adottare il sistema inglese:
“Ma scusa: non sarebbe preferibile un approccio al problema nel quale si ammetta la possibilità che lo Stato rinunci alla proprietà di monete di nuovo ritrovamento quando esse non apportano nuove conoscenze e dopo che lo Stato le abbia studiate anche in rapporto al sito di giacitura?”
La risposta è no.
Purtroppo e con una certa desolazione vedo che il concetto di contesto e la sua importanza non vengono compresi neanche da chi si mostra più aperto al dialogo…
Una moneta di nuovo ritrovamento da contesto apporta sempre nuove conoscenze. Certo se, come in Inghilterra, si legalizza la possibilità di distruggere i contesti alla ricerca di tesori in effetti il ritrovamento di una moneta comune, anche sapendo il sito di origine, non porterebbe molte nuove conoscenze. Lo scavo archeologico deve essere condotto da chi sia in grado di farlo. Non è semplice come si pensa. Non basta prendere pala e piccone e fare un buco… questa è una parte decisamente piccola del lavoro dell’archeologo da campo.
Una moneta, scavata senza le giuste capacità, da bene archeologico latore di conoscenze (non in quanto tale, ma in quanto facente parte di un contesto unico e irripetibile, anche se di per sè formato da oggetti comunissimi- un vaso in ceramica comune, una monetina in bronzo, un paio di balsamari vitrei, ecc.) diventa bene antiquario. A questo punto sì che la tua logica potrebbe avere un senso: vendiamo la moneta tanto è comune… ma perchè a questo punto non vendere anche il vasetto e i balsamari (oggetti probabilmente anche più comuni delle monete, dato che si tratta di produzioni seriali e di massa)? Teniamone un tipo per museo e vendiamo tutto il resto…
E’ “inaccettabile” legalizzare la possibilità per chiunque di andare in giro a fare il piccolo Indiana Jones. Sarebbe meglio che quegli oggetti rimanessero ancora dove sono stati per secoli, in attesa di essere recuperati in modo appropriato.
Ribadisco: la conoscenza del sito di giacitura non ha quasi nessuna importanza se l’oggetto non è stato recuperato secondo i crismi dell’attività archeologica, ma mi rendo conto di come ciò sia un concetto difficile da comprendere.
E ancora:
“Che se ne fa lo Stato di centinaia o migliaia di monete già note, dopo che si è avuta la possibilità di studiarle?
Monete che, fra l’altro, nella stragrande maggioranza dei casi non saranno mai esposte, restaurate, valorizzate e fruite dalla Collettività proprio a causa del fatto che sono comuni e già abbondano nei medaglieri pubblici?”
Lascio la parola al Prof. Elkins:
“When an historic or archaeological site is prospected by metal detectorists and dug up, the stratigraphy (the various layers of occupation that archaeologists study when excavating an archaeological site) is disturbed. As a result, one of the most reliable means to date various occupation levels is removed, and potential study of the economic conditions and demographics of the site are forever destroyed. The ancient coin dealer lobby in the U.S., the Ancient Coin Collectors Guild (ACCG) has become increasingly organized and influential amongst certain groups in recent years. The lobby frequently argues that archaeologists only care about coins for the dates they provide and then allow them to disintegrate in improper storage conditions. This, however, is a gross misconception and an exaggeration: although one may cite a few isolated incidents from the past, this hardly represents the standard in modern archaeology. It is true that coin finds are not always given the thorough treatment they deserve by excavators and are not always properly published; nevertheless, treatment of coins by archaeologists is not as grim as the lobby portrays and the study of coins in archaeological contexts has improved over the past few decades and continues to do so. In any case, does the simple fact that a few archaeologists have not published their coin finds in a timely manner excuse plunder?
When coins are found in situ, their exact find spots and archaeological contexts are recorded and the coin is stored in a warehouse or museum where it can be properly conserved and studied (see figure 4). Some specimens will enter museum collections where they are made available for the public and results are published, either with the excavation report or separately. In Israel, for example, artifacts are housed at the Israeli Antiquities Authority, which employs numismatists to study numismatic finds. On the other hand, coin collectors and dealers frequently store ancient coins in flips (plastic holders) which are made of PVC (a chemical that can harm coins) or in rigid PVC-free flips that can wear down the details of a coin. Some collectors carry ancient coins in their pockets as ‘good luck charms’ and others make ancient coins into jewelry (ShopNBCadvertises ancient coin jewelry on its network and other specimens can be found on eBay and VCoins).
Some dealers and collectors even tool or rework details of a coin to make it more visually appealing. A search on the Internet will also reveal a number of different cleaning methods used by dealers and collectors to clean coins, many of them potentially harsh and harmful to the coins. Indeed, one may find some instances in which archaeologists have mistreated objects from archaeological sites (especially in archaeology’s earlier days), but the notion that collectors and dealers generally treat ancient objects with greater care than trained professionals is a highly specious and debatable claim, which only detracts from the core issue: the value of ancient coins for scientific inquiry and the impact of the trade on it.
The notion that, once a date is obtained from a coin, it is disregarded by professionals is also completely erroneous. In recent decades, all fields of ancient studies (history, archaeology, etc.) have become increasingly interdisciplinary and must take account of developing approaches in other fields. Numismatics is a field that also incorporates such interdisciplinary approaches and relies on archaeological contexts for valuable information (see, for example, Finley 1975: 87-100; Howgego 1995, xi-xii; Sheedy and Papageorgiadou-Banis 1997; Rotroff 1997; Walker 1997). In addition to dates, coins in archaeological contexts provide information about human activities, the growth and contraction of settlements through time, and also the economy of the period (for general information, see the AIA’s new page on coins and archaeology).
Since 1960, the Frankfurt School has been producing volumes for the series Fundmünzen der römischen Zeit in Deutschland (FMRD—’Coin finds from the Roman period in Germany’) which catalogues coin finds from hoards and sites throughout Germany; similar initiatives have begun in other European countries. These are valuable catalogues for scholars wishing to study the ancient economies and circulation patterns. The Fundmünzen der Antike group also sponsors an important monograph series, Studien zu Fundmünzen der Antike (SFMA —’Studies on Coin Finds from Antiquity’), which publishes extended analyses directly relating to coins in archaeological contexts; monographs can be published in English, French, German, or Italian. The study of coins in archaeological contexts provide unique insights that undocumented and looted coins cannot offer, including the study of ritual (for example, Haselgrove and Wigg-Wolf 2007; Creighton 2000), special supplies of coin types sent to certain groups to disseminate imperial ‘propaganda’ (for example, Kemmers 2005; 2006a: 219-244), and various economic studies at site-specific and regional levels (for example, Kemmers 2006b; Peter 2001; von Kaenel 1999). The archaeological and scholarly numismatic world realizes that there is greater application for the study of coin finds in context than just dates.”
Innanzitutto, viste le scarse risorse investite, molti contesti contenenti monete sono ancora da studiare. Ma una volta studiati? La moneta cessa di essere un oggetto a sè stante, ma diventa parte integrante di un insieme unico e irripetibile, un “UNICUM”, e in quanto tale deve essere necessariamente lasciato a disposizione della collettività.
Se poi invece vogliamo parlare della vendita di beni statali decontestualizzati sono pronto al dialogo, ma a patto che lo stato reinvesta il gruzzoletto ottenuto nella Conservazione e Valorizzazione del Patrimonio Culturale.
Riguardo all’ultima questione:
“In 1993, it was estimated that 80% of all ancient coins openly sold on the market had been dug up within the past 30 years (McFadden 1993; see also discussion in Beckmann 1998: 25). Now, I suspect the percentage is even higher given that the supply of ancient coins on the market surged during the 1990s, particularly from Eastern Europe after the fall of the Iron Curtain. In addition, the increasing use of the Internet for commercial activities has allowed dealers and collectors to network as never before and made auctions and dealer inventories easily accessible to a global audience, thus fueling a growth in demand (that has outstripped the supply of previously documented and provenanced antiquities, including coins, prompting the search for fresh sources (Chippindale and Gill 2001; Elia 2001; von Kaenel 2004: 152-154).
To illustrate the scale of the traffic in undocumented ancient coins, it may be helpful for us to consider a few statistics. As one prominent scholar and numismatist recently reported, a single seller on eBay (the German site) recently claimed to have sold more than 170,000 ancient coins from Serbia, which the seller alleged were taken from in and around Viminacium. These coins were sold in the approximately 2.5 years since the seller became a member on the site in November 2004 (von Kaenel 2007; figure 2). A quick look at this individual’s feedback record indicates most of his customers are North American.
Several auction houses and ancient coin dealers host auctions each year in the United States and dozens more in other parts of the world. One of the largest auction houses in the United States, Classical Numismatic Group (CNG), hosts three printed auctions per year and regular bi-weekly electronic auctions on its web site. Each January, CNG holds its largest sale of the year, known as the ‘Triton Sale’. In the latest Triton Sale, Triton X, some 19,087 ancient coins were sold, the vast majority having no reference to any previous collection (see figure 3).
The value of the total lots sold (94%) resulted in a cumulative hammer price of $5,963,565. CNG’s normal autumn sale, prior to the Triton X sale, realized a hammer price of $1,325,917. By my count, only 32 of the 19,087 ancient coins in the latest Triton sale were sold referencing a pedigree pre-dating 1973, while others referenced only the names of modern collectors or more recent auction references. Approximately 80% of the lots provided no previous record at all.
In addition to auction houses, dozens of ancient coin and antiquities dealers operate in North America. For example, on VCoins, a web site developed to compete with eBay, 109 ancient coin dealers are actively selling coins (all VCoins data checked 22 June 2007). Eighty-one of the 109 dealers on VCoins are located in the U.S. and Canada, with 17 of the total selling bulk lots of ancient coins, and 48 selling other antiquities as well. According to the VCoins homepage, approximately 73,000 lots are being offered for sale, but it is unclear whether or not this includes the inventory of ‘sold coins’ that some dealers show. The 73,000 lots also include books and supplies, but factoring these out the figure drops to about 69,000 lots. However, when figuring in bulk lots of ancient coins, the number rises to approximately 75,000 coin-lots and has the potential to increase substantially when considering that many of the bulk lots advertise a price per coin with no disclosure of how many are actually available. According to the VCoins homepage, the total market value of the lots available for sale is approximately $14.5 million.
Between June 4 and July 2, 2007, I tracked listings in the Ancient Coins section of eBay (the U.S. site) and found that, on average, approximately 5,000 to 5,300 lots of ancient coins are sold per week. A number of dealers sell bulk lots of uncleaned ancient coins fresh from the ground (e.g. bags of 1000, 100, or priced per piece), often indicating that such coins were ” excavated ” in Eastern Europe— especially the Balkan countries. If one assumes that this one-month period reflects trends throughout the year, one may conclude that between approximately 260,000 and 280,000 coins are sold each year on the eBay-U.S. web site, not counting bulk lots. These rough numbers indicate the large-scale importation of ancient coins from the Old World and the potential movement of between half a million to a million coins sold in the North American marketplace annually, taking no account of local coin dealers who sell ancient coins in various cities and towns throughout the country. The trafficking in undocumented coins is clearly a multi-million dollar industry in the U.S. and Canada alone.
How does material enter the U.S.? Although the prospecting for antiquities (including coins) and the exportation of such objects without a permit is illegal in many countries, the U.S. has only adopted import restrictions on ancient coins with Cyprus, while the prohibition on import of coins from Iraq is based on the general sanctions against importation of illegally removed cultural materials from Iraq. This means that once a group of coins is illegally robbed from an archaeological site or its material context and smuggled from the country of origin, it is openly and easily sold on the American market in most cases since the origin of coins, which could travel widely in the ancient world, can be difficult to trace once divorced from their original find spot. The illicit excavation of ancient coins does not differ from the systematic looting of other antiquities, and some good investigative work has demonstrated the way ancient coins from Israel, for example, are most often procured and then ‘legally’ exported by falsifying pedigrees (see Kersel 2006: esp. 194-198). It has been reported that at least one coin dealer has suggested avoidance of honest provenance-reporting on eBay auctions in order to avoid suspicion regarding illicit imports from Cyprus (see David Gill’s blog entry “Coins, eBay and the ‘Coin Lobby’”)
Clearly, there is systematic looting for ancient coins in places like the Balkans as well. One documented case reports the seizure of 60 kg of ancient coins (19,860 specimens) at the Frankfurt airport that had been smuggled from Bulgaria (Dietrich 2002; von Kaenel 2004: 154-156). The shipment was bound for the United States and the individual shipping them had previously been arrested multiple times for antiquities smuggling and was associated with high-ranking politicians. For jurisdictional reasons, the coins were transferred to Munich where they were released by the Prosecutor’s Office and have presumably reached the United States for commercial profit.
Customs officials in Frankfurt continued to investigate the shipment and determined that this was one of several which had passed through Frankfurt to the U.S. They also estimated about one ton of ancient coins (c. 340,000) from Bulgaria had been shipped to the U.S. by this single individual, presumably spoiling dozens of archaeological and historical sites in the search for them. This was not an isolated incident; a similar shipment from Eastern Europe was seized on the German-Austrian border in 1999 (Szemethy 1999a; 1999b; 2000). Despite the increasing awareness of the general public and the professional community about looting and cultural property issues, the trade in undocumented ancient coins continues to grow and remains a serious problem for those wishing to preserve valuable information about the past and protect our common cultural heritage.”
Non facciamo gli ipocriti. Basta dare un’occhiata su ebay ai negozi dei membri del circolino bavarese…
Dimenticavo. Ma ve lo immaginate legalizzare in Italia la possibilità per tutti di perpetrare saccheggi di beni archeologici?
http://www.moneysupermarket.com/money/treasure-hunt-finds.aspx
Il commento finale è: “Happy treasure hunting!”. Che ribrezzo.
Non ricordo dove l’avevo letto, ma lo scopritore di un grosso hoard inglese, acquistato poi dal British Museum, non aveva trovato niente in tutta la sua vita… questo perchè è inglese…
Cosa succederebbe in Italia? Tutti i terreni diverrebbero un groviera, tanto dove scavi qualcosa trovi. E lo Stato sarebbe impossibilitato a esercitare il diritto di prelazione su tutto ciò che eventualmente vorrebbe. Altrimenti l’Italia, dalle finanze già malandate, dovrebbe chiudere per bancarotta.
Sarebbe il delirio… una nuova corsa all’oro!
Che la problematica di cui parliamo sia complessa e non la si possa risolvere in quattro e quattr’otto,non c’è dubbio alcuno.
Se per te i problemi che ho esposto circa la fattibilità pratica di un “condono archeologico” non sussistono, non posso che augurarmi che tu abbia ragione.
Certo che sarebbe un caso più unico che raro, in questo Paese aduso ai più disparati condoni, vederne attuato uno senza che l’Erario ne tragga alcun giovamento economico e nel totale anonimato del “condonanti”.
Anzi, non solo senza che arrivi un solo euro allo Stato ma addirittura ponendo sulla Collettività pubblica l’intero onere di un condono, che a ben vedere, interesserebbe solo una parte ben marginale della popolazione (qualcuno, certamente non io, magari la definirebbe anche una parte “elitaria” della popolazione); il tutto mentre non si trovano i soldi per aprire musei o finanziare scavi o restaurare reperti.
Però, staremo a vedere. Chissà mai…..Chi vivrà vedrà
Se però concordi sul fatto che un condono limitato all’Italia sarebbe inutile se non lo si estendesse anche a livello internazionale, estensione che però anche tu giudichi utopistica, ti chiedo allora: ma che senso avrebbe un condono esteso solo all’Italia?
Per quanto attiene la mia non comprensione del concetto di “contesto” e della sua importanza, forse non mi sono spiegato bene.
Vorrei fare dei casi pratici, per meglio chiarire il mio pensiero.
Qualunque ritrovamento fortuito ad opera di privati è,un ritrovamento il cui contesto originale è giocoforza “inquinato” in misura più o meno invasiva.
Pensiamo per un attimo ai casi di scuola di ritrovamenti fortuiti: l’agricoltore che arando porta alla luce un reperto o il costruttore che movimentando la terra scopre un ripostiglio monetale.
In questi casi, la scoperta fortuita del reperto porta con se, inevitabilmente, la compromissione più o meno accentuata del sito di provenienza.
Ma non potrebbe che essere così.
D’altro canto, se non ci fosse l’attività umana che mette fortuitamente alla luce il reperto….. è semplice: non ci sarebbe il reperto.
Dunque pensare che l’archeologo, anche nella migliore delle ipotesi dei ritrovamenti fortuiti ad opera di privati, disponga di un sito “sigillato” è pura utopia, per la semplice e ovvia ragione che il ritrovamento è conseguenza di un’attività umana più o meno invasiva che necessariamente altera il contesto di origine.
Detto questo, si può però pensare che un intervento quanto più possibile immediato dello studioso, congiunto ad un’attività che sia auspicabilmente la meno invasiva possibile sul sito da parte del privato scopritore, possano pur sempre salvaguardare l’interesse dello studioso? .
Sostenere che un sito non più “sigillato” non interessi più all’archeologo, innescherebbe delle conclusioni singolari, quali, appunto, per prima, l’utilità di sottoporgli un ritrovamento monetale venuto alla luce dopo uno spostamento di terra compiuto con mezzi meccanici, ma anche, perchè no, dopo una mareggiata o anche dopo il dilavamento, a seguito di piogge torrenziale, in seguito al quale si rinvengono disperse monete e cocci d’anfora, tutti eventi umani o naturali che per evidenti motivi hanno alterato l’originario sito di giacitura del reperto.
Non mi sognerei neanche per un momento di pensare che in questi casi l’archeologo, che pure troverà un contesto di giacitura giocoforza compromesso, non debba essere coinvolto, ma – e qui vedrei appunto il famoso compromesso, mi preoccuperei che quei privati che hanno fortuitamente rinvenuto quel ripostiglio monetale, siano stimolati adeguatamente a comunicarlo agli studiosi, lo facciano nel più breve tempo possibile, evitando di modificare ulteriormente lo stato dei luoghi che, ad ogni buon conto, è bene sapere che è già alterato.
Ed è qui che il sistema inglese mi pare essere vincente sul nostro.
A me pare francamente che la desolazione sia quella di pensare che con l’imperio e la sanzione si possano ottenere da parte dei cittadini dei comportamenti virtuosi che, altrove, si ottengono con la collaborazione e la premialità
Fra l’altro ho notato che anche molti archeologi (non tu) qualificano come “moneta archeologica” una moneta che di archeologico non ha più nulla.
E’ il caso, ad esempio, delle monete sequestrate a collezionisti, ormai decontestualizzate e circolanti sul mercato.
Una moneta fuori contesto non dovrebbe più essere considerata “di interesse archeologico” ma al più di interesse numismatico.
E quando, dopo il relativo vaglio, si concludesse che la moneta non è neanche di interesse numismatico, perchè conosciuta e presente nei pubblici medaglieri in numero sufficiente, essa dovrebbe mantenere un unico interesse, che a quel punto è solo l’interesse antiquario.
Dici bene: “Una moneta di nuovo ritrovamento da contesto apporta sempre nuove conoscenze.”. Permettimi però di aggiungere: semprechè sia una moneta da contesto!
Se è fuori contesto, di che notizie archeologiche vogliamo parlare?
In Inghilterra, non si è affatto legalizzata la possibilità di distruggere i contesti alla ricerca di tesori.
L’uso del metal detector probabilmente favorirà i ritrovamenti ma non è certamente un mezzo che assicura il ritrovamento garantito di monete.
Ma allora anche l’aratro e la pala meccanica possono, potenzialmente, distruggere i contesti archeologici…e allora che facciamo? Ne vietiamo l’uso?
Come già detto, è la stessa natura del rinvenimento fortuito privato che normalmente si accompagna ad una alterazione del contesto.
Non c’è scampo.
Altrimenti, se il timore è la compromissione del contesto, dovremmo vietare, specialmente in Italia, quasi qualunque attività che abbia a che fare con la trasformazione del territorio, da quella agricola a quella edilizia a quella infrastrutturale.
Sul fatto che lo scavo archeologico debba essere condotto da chi sia in grado di farlo, sono completamente d’accordo con te..
Ed è per questo che il “compromesso” che suggerisco è proprio quello di invogliare i privati ritrovatori a comunicare subito la loro scoperta; e non già perchè se non lo fanno verranno denunciati, bensì perchè se lo fanno avranno una ricompensa rappresentata non necessariamente da denaro ma anche da una quota del ritrovamento che gli studiosi riterranno, dopo averlo studiato ed analizzato non interessante.
Tu dici, polemicamente, ma “perchè a questo punto non vendere anche il vasetto e i balsamari (oggetti probabilmente anche più comuni delle monete, dato che si tratta di produzioni seriali e di massa)?Teniamone un tipo per museo e vendiamo tutto il resto.”
E io ti rispondo: ma perchè no?
Una volta che il reperto è studiato anche il relazione al suo contesto ed è già presente in innumerevoli esemplari identici nelle pubbliche raccolte, perchè lo Stato non dovrebbero vendere anche vasetti e balsamari, con il cui ricavato assumere giovani archeologi ed avviare nuovi scavi?
O forse che vasetti e balsamari non sono acquistabili anche in aste pubbliche gestite da ditte italiane e sopratutte straniere?
Perchè mi dovrebbe scandalizzare l’idea che lo Stato venda materiale di esclusivo interesse antiquario?
Dici che sarebbe inaccettabile legalizzare la possibilità per chiunque di andare in giro a fare il piccolo Indiana Jones. Sarebbe meglio che quegli oggetti rimanessero ancora dove sono stati per secoli, in attesa di essere recuperati in modo appropriato.”
A parte il fatto che in Italia l’uso del M.D. è consentito al di fuori delle aree archeologiche,
Guarda, io ho un certo timore quando leggo termini come “inaccettabile” “inconcepibile” o simili, in quanto è sufficiente che due interlocutori di opposte visioni ne facciano uso e si è sicuri che non si potrà mai raggiungere un accordo fra loro.
Sull’opportunità che i reperti, continuino a giacere nel sottosuolo piuttosto che siano portati alla luce da privati, anche se fossi d’accordo con te (e non lo sono) ti vorrei invitare a considerare il fatto che i ritrovamenti fortuiti venivano, vengono e verranno alla luce sempre, anche senza bisogno di metal detector o di Indiana Jones, ma solo perchè, accidentalmente, qualcuno farà uno scavo o arerà un terreno.
Quindi questi ritrovamenti fortuiti ci sono e ci saranno sempre, anche se, per assurdo, si darà l’ergastolo a chi farà uso di MD; forse, vista la situazione, sarebbe auspicabile che chi li ritrova fosse invogliato a consegnarli agli studiosi, anzichè venderseli sottobanco.
Per quanto attiene alla vendita di reperti, il cui ricavato dovrebbe essere utilizzato esclusivamente per finanziare studi, pubblicazioni e attività legate alla promozione e tutela dei reperti, non ho un elenco tassativo di questo materiale e dunque sarei aperto a qualunque confronto.
Il punto è che si dovrebbe capire che riempire cantine di monete spesso neppure inventariate, che non vedrà mai nessuno e che proprio perchè non inventariate saranno anche nel tempo probabile oggetto di furto e/o sostituzione, non mi pare avere molto senso, quando l’alternativa potrebbe essere quella di finanziare con la loro vendita iniziative archeologiche che oggi sono invece trascurate a causa della penuria di fondi.
Saluti.
Michele
P.S.
Non so se tutti i terreni inglesi, a causa della libera circolazione del MD, siano diventati una “groviera”.
Se però ti capitasse di venire nel sud Sardegna, dove abito, ti porterei volentieri un pò in giro per vedere come sono state ridotte certe colline.
E chissà se, per ridurle così,hanno avuto bisogno di utilizzare il MD…non lo darei neanche per scontato.
1. Attraverso il dialogo con te mi sono appunto reso conto che un condono nelle forme da me proposte, esteso solamente all’Italia, non servirebbe a nulla, dato che diverremmo come la Turchia… quindi un’iniziativa del genere esclusivamente nostrana non avrebbe alcun senso. Non concordo su alcuni punti del perchè, ma dato che nella sostanza siamo d’accordo è inutile discuterne ancora.
Quanto al fatto che tale condono avrebbe favorito solamente una parte elitaria della popolazione lo ritengo una totale sciocchezza. Quale sarebbe stato il fine di esso?
Evitare ulteriori devastazioni del patrimonio archeologico, che appartiene alla collettività. Nelle mie intenzioni si voleva creare un insieme di monete “legalmente commerciabili” sufficiente per non tagliare le gambe ai collezionisti, ma nel contempo non ampliabile con ulteriori monete di dubbia provenienza.
2. Un conto è un ritrovamento fortuito nel quale il mezzo meccanico/zappa del contadino si ferma subito intaccando solamente i primi strati. Un rapido intervento dell’archeologo può tamponare nel migliore dei modi la situazione e studiare comunque il sito perdendo solo qualche informazione.
Ben differente è l’azione di un cercatore di tesori, armato di MD, pala e piccone che devasta totalmente la stratigrafia in più e più punti, curandosi esclusivamente dei reperti economicamente rilevanti e distruggendo tutto il resto.
Inoltre i ritrovamenti del tutto fortuiti non sono in Italia poi così frequenti, perchè decenni di ricerche hanno mappato il territorio e quindi le aree potenzialmente archeologiche sono per lo più note. Quando in esse si costruisce qualcosa, c’è l’obbligo di presenza da parte di un archeologo.
La stragrande maggioranza delle ultime scoperte è proprio legata a questo tipo di archeologia preventiva, legata alle grandi opere.
Tu dici senza capire il punto di vista dell’archeologo:
“Sostenere che un sito non più “sigillato” non interessi più all’archeologo, innescherebbe delle conclusioni singolari…”
La realtà è che il sito continua a interessare, pur avendo perso informazioni, ciò che non interessa quasi più sono invece i materiali estratti da esso senza alcun tipo di documentazione e dunque irrimediabilmente decontestualizzati.
E ancora:
“Ed è per questo che il “compromesso” che suggerisco è proprio quello di invogliare i privati ritrovatori a comunicare subito la loro scoperta; e non già perchè se non lo fanno verranno denunciati, bensì perchè se lo fanno avranno una ricompensa rappresentata non necessariamente da denaro ma anche da una quota del ritrovamento che gli studiosi riterranno, dopo averlo studiato ed analizzato non interessante.”
Ritengo assai interessante questo articolo:
http://www.repubblica.it/2003/j/sezioni/cronaca/musei/tombaroli/tombaroli.html?refresh_ce
“Premi immediati e detrazioni ma solo per i “tombaroli” onesti”… certo un pochino si dovrebbe migliorare, ma in ogni caso “i premi arrivano, al ritmo di circa 100 l’anno. Ma solo per gli scopritori “fortuiti” che ne facciano denuncia entro 24 ore e che non si siano introdotti furtivamente nei fondi altrui, i tombaroli, appunto.”
Il fatto che un tombarolo debba essere pure ricompensato è un obbrobrio “inaccettabile” e su questo punto non può esserci alcun compromesso. Nessuno. Mai.
Come vedi il tuo presunto “compromesso” è già in atto.
3. Per quanto riguarda la vendita di beni archeologici è un discorso che si può affrontare, ma con limitazioni legate all’impossibiltà di esportare i materiali, alla costituzione di un database e al dover mettere a disposizione i materiali in questione nel caso fossero necessari ulteriori studi.
4. “Se però ti capitasse di venire nel sud Sardegna, dove abito, ti porterei volentieri un pò in giro per vedere come sono state ridotte certe colline.
E chissà se, per ridurle così,hanno avuto bisogno di utilizzare il MD…non lo darei neanche per scontato.”
Perchè i locali sanno sempre dove andare a cercare. Nel caso di scavi clandestini andrebbero puniti.
5. Noto che però non hai commentato le cifre relative alle monete trafugate. Pensi che un commerciante che le vende sia così deficiente da non conoscere la loro origine?
Semplicemente non gliene frega niente, dato che ne trae un enorme guadagno. E quest’ultimo è la molla che ha fatto indire la famosa “Online petition for preserving the right to privately collect” da parte della lobby dei commercianti…
Aggiungo poi un’interessante link:
http://www.iapn-coins.org/iapn.html
Si tratta della pagina web della IAPN-AINP, l’associazione internazionale dei numismatici professionisti, alla quale appartengono tutti i nomi più altisonanti della numismatica mondiale.
Carini sono i 5 punti del codice etico:
1 To guarantee the authenticity of all items offered for sale, and never knowingly to sell a copy, forgery, imitation, restrike, or alteration, unless it is clearly identified as such.
2 To guarantee that good title accompanies all items sold, and never knowingly to deal in any item stolen from a public or private collection or reasonably suspected to be the direct product of an illicit excavation, and to conduct business in accordance with the laws of the countries in which they do business.
3 To describe numismatic items accurately, and to refrain from any misrepresentation of origin, date, condition, provenance, pedigree, or value.
4 To fulfil all contractual obligations, including the timely delivery of items sold and the timely payment of debts.
5 To support and facilitate the interchange of numismatic information and ideas, in furtherance of numismatic research and the dissemination of numismatic knowledge.
Il punto 2 è quello che ci interessa maggiormente nell’ambito di questa discussione. Vi pare sia rispettato da tutti?
Ad ogni modo anche i punti 1 e 3 non sono rispettati da tutti. I più maligni come me potrebbero dire volontariamente e per accrescere i profitti, tanto l’acquirente medio non si accorge di nulla… I più benevoli o (talora) ipocriti perchè “errare humanum est (semper)” e dunque ogni volta che il suddetto codice viene infranto è una sfortunata circostanza voluta dal destino…
Infine un riferimento al mio articolo precedente e al punto 4:
http://www.mondoclassico.it/wp/index.php/2016/07/20/disaster-auction-44-numismatik-naumann-pecunem-com-english-version/
In effetti non essendo iscritta alla IAPN-AINP la suddetta società non ha l’obbligo etico “To fulfil all contractual obligations”…
Ciao.
Quindi possiamo concordare sul fatto che un “archeocondono” solo italiano non servirebbe a nulla.
Il fatto di non concordare sulle motivazioni che lo rendono inutile lascia il tempo che trova.
La questione che esso avrebbe potuto essere inteso dalla gente comune come un condono che favoriva una “elitè” è un argomento assolutamente secondario che si basa sul fatto che laddove il condono, come auspicavi tu, fosse stato realizzato a totale carico della Collettività e nel più totale anonimato dei “condonanti”, esso, scrivevo, avrebbe potuto essere percepito dalla società civile come un favore ingiustificato alle lobbies dei collezonisti/commercianti.
Ma, ripeto, questa è una mia “spigolatura” del tutto secondaria, sulla quale possiamo tranquillamente glissare.
Tu scrivi che “Un conto è un ritrovamento fortuito nel quale il mezzo meccanico/zappa del contadino si ferma subito intaccando solamente i primi strati. Un rapido intervento dell’archeologo può tamponare nel migliore dei modi la situazione e studiare comunque il sito perdendo solo qualche informazione.”
Non c’è dubbio. Ma non è che un “cercatore di tesori”, che fosse consapevole e stimolato a rivolgersi subito alle autorità, pregiudicherebbe allo studioso di esaminare il sito non appena avvenuto il ritrovamento.
E’ ciò che appunto avviene in Inghilterra e che invece non avviene da noi.
Chiediamoci il perchè.
I ritrovamenti del tutto fortuiti in Italia sono molti più di quelli che si possa pensare…solo che molti di essi non vengono comunicati alle autorità e sfuggono quindi alle statistiche.
E non mi riferisco ai rinvenimenti fortuiti in aree già designate come archeologiche, bensì in altre aree dove non solo non vi è alcun vincolo ma non si ha alcuna contezza della presenza di insediamenti o comunque di evidenze archeologiche.
Dopodichè è chiaro che se in un anno vengono dichiarati ufficialmente solo 100 rinvenimenti fortuiti (do un numero a caso) per la statistica quello è il numero dei rinvenimenti dell’anno.
Scusa, poi mi attribuisci un’affermazione che non ho detto:
io avrei scritto, senza capire il punto di vista dell’archeologo:
“Sostenere che un sito non più “sigillato” non interessi più all’archeologo, innescherebbe delle conclusioni singolari…”
La realtà è che il sito continua a interessare, pur avendo perso informazioni, ciò che non interessa quasi più sono invece i materiali estratti da esso senza alcun tipo di documentazione e dunque irrimediabilmente decontestualizzati.
Io ho detto esattamente il contrario e cioè che:
“Non mi sognerei neanche per un momento di pensare che in questi casi l’archeologo, che pure troverà un contesto di giacitura giocoforza compromesso, non debba essere coinvolto.
Hai scritto di ritenere assai interessante questo articolo:
http://www.repubblica.it/2003/j/sezioni/cronaca/musei/tombaroli/tombaroli.html?refresh_ce
Io invece prenderei le distanze da un certo modo improprio ed offensivo di definire “tombaroli onesti” coloro che di fronte ad un
ritrovamento fortuito fanno il loro dovere civico e lo denunciano
Cioè, secondo il giornalista, se tu trovassi casualmente un reperto e lo denunciassi come prevede la legge entro 24 ore, saresti un “tombarolo onesto”?
Mi pare che ci sia molta ignoranza da parte di chi scrive certi articoli che evidentemente non sa che è la legge stessa ad assicurare dei premi a chi scopre fortuitamente dei reperti.
Il problema, in Italia è semmai un altro, che involontariamente l’articolo di Repubblica ha evidenziato e cioè che esiste una diffusa mentalità (bacata) comune, alla quale fa capo anche quel giornalista, secondo cui chi denuncia un ritrovamento e chiede, come per legge, la corresponsione del premio, è considerato un “tombarolo onesto”.
E’ forse per questo diffuso pregiudizio, non disgiunto a pratiche spesso cavilloso e defatigatorie che scoraggiano e prendono in giro i cittadini, che molti di questi rinvenimenti non vengono denunciati.
E’ appena il caso di ricordare che se il ritrovatore fortuito non denuncia la scoperta entro le 24 ore, non potrà più ottenere il premio; ma non solo: se la scoperta del reperto non viene comunicata entro le 24 ore, ma più tardi, il ritrovatore viene denunciato penalmente.
Ecco cosa può succedere in Italia se denunci con “colpevole ritardo” il ritrovamento in spiaggia di un pezzo di bronzo che poi, nel corso del processo, neppure l’esperto della Soprintendenza ha saputo dire che cosa fosse….:
http://gianfrancopintore.blogspot.it/2012/02/assolto-gigi-sanna-sconfessata-la.html
Ma come si fa a definire “tombarolo onesto” un cittadino che fa il suo dovere? Come la prenderebbe quel giornalista se qualcuno lo definisse “una specie di giornalista”? Fra l’altro, qualcuno dovrebbe anche fargli sapere che esiste un mercato perfettamente legittimo e riconosciuto dallo Stato, di reperti, di monete antiche ecc.
Questo signore, da quello che scrive nell’articolo, sembra ignorarlo.
L’articolo riporta di alcuni premi versati dallo Stato ai ritrovatori, ma tratta solo marginalmente dei numerosissimi contenziosi in atto nonchè dei ritardi, biblici, nella corresponsione dei premi.
Il mio “compromesso” è solo apparentemente già in atto; in realtà denunciare un ritrovamento fortuito oggi, in Italia, è già di per sè un rischio per il cittadino e quando si supera la fase “inquisitoria” del: “Ma dove l’ha trovato”?; Ma quando l’ha trovato”?; Ma è sicuro che l’ha trovato meno di 24 ore fa”? ecc. si passa alla non meno laboriosa fase della stima del reperto e, forse, dopo un’istruttoria annosa, del pagamento del premio.
Nel frattempo, cioè nel corso di lunghi anni, il ritrovatore si sentirà anche definire da un quotidiano nazionale un “tombarolo onesto”.
Questa è l’Italia.
Quando mi riferivo ad un diverso rapporto tra cittadini e P.A. in questa materia, auspicavo un modo diverso di considerare la scoperta archeologica fortuita, che stimoli veramente lo scopritore a collaborare immediatamente con le autorità e che non sia solo un penoso obbligo burocratico.
Per quanto riguarda la vendita di beni archeologici (se posso, preciserei “ex archeologici”) mi piace leggere che sei aperto alla discussione.
Se, più in generale, concordiamo sui concetti di moneta di interesse archeologico (cioè quella rinvenuta nel contesto), moneta di interesse numismatico (quella che non riveste più interesse archeologico bensì solo numismatico) e moneta di interesse antiquario (e cioè quella moneta priva dei primi due “interessi”), non comprendo perchè mai lo Stato non potrebbe vendere anche all’estero le sole monete di interesse antiquario.
Postochè dette monete in mano privata, con il benestare del competente ufficio esportazioni della Soprintendenza, vengono regolarmente vendute ed esportate all’estero.
Per quanto attiene alla realizzazione di un data base dei materiali, alla catalogazione degli stessi, sfondi una porta aperta.
Comunque trovo importante che ci sia la disponibilità ad esaminare il capitolo “vendita” di determinati reperti..
Mi fai notare che non ho commentato le cifre relative alle monete trafugate e se penso che un commerciante che le vende sia così deficiente da non conoscere la loro origine?
I dati forniti sono indubbiamente impressionanti, anche se non capisco esattamente come si possano stimare, trattandosi appunto di un mercato clandestino.
Se permetti, però, finora abbiamo solo parlato di tombaroli (onesti e disonesti) e di commercianti senza scrupoli.
Ma vogliamo anche dire due cose su quei collezionisti che, con la loro domanda, sono i veri alimentatori di questo turpe commercio?.
Non dobbiamo dimenticarci che se non ci fosse la domanda di determinati beni, l’offerta in poco tempo si azzererebbe.
Esordivi nel tuo intervento iniziale dicendoti un collezionista “pentito” (ho colto, naturalmente, la tua provocazione).
Ebbene, senza voler assolvere i veri tombaroli e i commercianti disonesti, i quali però, per certi versi, fanno il loro (sporco) lavoro per cui sono pagati, ciò che a me imbarazza di più di questo ambiente è l’ipocrisia di certo collezionismo, pronto a tutto pur di accaparrarsi una moneta così come una statua greca del V secolo a.C.
E non mi riferisco solo al collezionismo privato ma anche (e forse sopratutto) a certe istituzioni museali straniere che negli anni, pur di arricchire le loro collezioni, hanno fatto carne di porco di trattati, leggi, regolamenti ma anche di basilari principi etici.
Che vogliamo dire di questa gentaglia? Tutto il peggio possibile.
Se non ci fossero, il mercato sommerso dell’arte forse neppure esisterebbe.
Saluti.
Michele
Il “cercatore di tesori” NON deve esistere perchè danneggia consapevolmente un patrimonio di tutti non ricostruibile. Punto. Su questo non ci può essere alcun compromesso ed egli non può essere messo sullo stesso piano di un povero contadino che zappa nel punto sbagliato. Che poi in quest’ultimo caso lo Stato Italiano debba migliorare (e forse anche molto) le modalità di interazione/compensazione/eventuale risarcimento in caso di esproprio temporaneo di campi non c’è alcun dubbio.
“non comprendo perchè mai lo Stato non potrebbe vendere anche all’estero le sole monete di interesse antiquario.” Se ne potrebbe parlare sempre che il ricavato fosse utilizzato per scopi culturali… Ma non quelle da contesto. Quelle in ogni caso devono rimanere in Italia e a disposizione degli studiosi.
Non capisco la tua differenziazione tra moneta di interesse antiquario e numismatico… a me paiono la stessa cosa.
“Ebbene, senza voler assolvere i veri tombaroli e i commercianti disonesti, i quali però, per certi versi, fanno il loro (sporco) lavoro per cui sono pagati, ciò che a me imbarazza di più di questo ambiente è l’ipocrisia di certo collezionismo, pronto a tutto pur di accaparrarsi una moneta così come una statua greca del V secolo a.C.”
“Che vogliamo dire di questa gentaglia? Tutto il peggio possibile.”
????????????
Dunque per te tutti i collezionisti di monete antiche per te sono gentaglia peggiore dei commercianti senza scrupoli e dei tombaroli (in Italia sono criminali a tutti gli effetti. Non è una professione).
Di per sè collezionare monete antiche non potrà mai essere etico al 100%, ma così come un amante degli animali non sarà necessariamente vegetariano, allo stesso modo un amante di monete antiche potrà o sbattersene di questioni etiche (i più? Probabilmente e tristemente sì) o fare scelte radicali e idealistiche (da me particolarmente apprezzate, ma molto difficili da attuare) come il Prof. Elkins:
“Such romantic notions also captivated me and, after purchasing my first ancient coin for $1.75 in the mid 1990’s when I was 13 or 14 years of age, I fell in love with the history and ideology celebrated by various designs on Roman coins. For me, ancient coin collecting sparked an insatiable desire to learn as much as possible about the Roman world; thus, I began studying archaeology at college after graduating high school in 1999 and continued to collect coins occasionally as student finances allowed. Yet after beginning my doctoral studies in 2003 and after having discussions with some prominent scholars and numismatists (coin specialists) at theAmerican Numismatic Society Graduate Seminar in 2004, I began to re-evaluate the ethics of ancient coin collecting. I became aware of the irrevocable destruction of information caused by systematic looting at historical sites in search of ancient coins to sell on the market.
Upon being confronted with the reality of the situation, I reflected on my past participation in the trade and soon came to the conclusion that my passion for the ancient world lay not in the object itself and its acquisition, but rather in the historical information about our common cultural heritage that these coins can relate—information that is lost when a looted coin is ripped from its context. Therefore, for approximately three years, I have not purchased any ancient coin that does not have verifiable documentation attesting its existence in a collection in or before 1973, according to theAmerican Journal of Archaeology ethical guidelines, which follows the 1970 and 1972 United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization (UNESCO) Conventions. I am not alone in my views. Many scholarly numismatists of the present generation do not collect, or no longer collect, ancient coins because of similar concerns. My personal decision essentially translated into a moratorium on my collecting habits, given the fact that coins from old collections or other verifiable provenance are difficult to find and command a premium on the market.”
o infine praticare un collezionismo più responsabile (scriverò un articolo a riguardo a breve).
Il collezionista non ha un ritorno economico, il commerciante sì e per questo la sua posizione è decisamente più deprecabile (perchè lo fa per amore dei soldi – e non quelli antichi), tanto più che il collezionista non ha neanche un codice etico scritto sbandierato ai quattro venti e costantemente contravvenuto.
Dunque queste tue ultime affermazioni mi paiono decisamente assurde e mi ricordano terribilmente quelle di alcuni miei “amici” commercianti…
“Se non ci fossero, il mercato sommerso dell’arte forse neppure esisterebbe.” Come se fosse colpa dei tossici se esistono i poveri trafficanti di droga…
Cinque anni fa avevi aperto sul forum una discussione relativamente al significato di moneta “archeologica” concludendo il post iniziale con la frase:”Come avrete infatti già capito, ho un interesse particolare ad approfondire tale significato, interesse che travalica la pura chiacchierata forumistica…”
Se posso permettermi: quale sarebbe esattamente il tuo interesse a riguardo?
Il “cercatore di tesori” non deve operare in zone archeologiche, ma se scopre altrove qualcosa di interessante per l’archeologo e ne informa immediatamente l’autorità (ed è ciò che avviene normalmente in Inghilterra) consentendo all’archeologo di intervenire subito, non vedo perché non si dovrebbero consentire ricerche con MD fuori, ripeto, fuori da zone già mappate come archeologiche.
Quanto alle vendite, è chiaro che lo Stato dovrebbe cedere solo materiali di interesse antiquario, il cui ricavato debba andare a beneficio esclusivo di scopi culturali.
Ovviamente non si devono cedere materiali “da contesto”.
La differenza fra moneta di interesse archeologico e moneta di interesse numismatico è la seguente:
la prima è una moneta rinvenuta nel suo contesto; la seconda può essere rinvenuta nel contesto o anche fuori contesto e la sua caratteristica è che riveste per lo Stato un interesse numismatico, per essere un esemplare unico, per presentare un conio particolare, per non essere presente nei medaglieri pubblici ecc.
Per quanto riguarda la disapprovazione di certo collezionismo, non mi riferivo, ovviamente, a tutti indistintamente coloro che lo praticano, ma solo a coloro che sono consapevoli di acquistare monete provenienti da scavi recenti e clandestini o che acquistano le monete sottobanco, o che continuano ad acquistare da commercianti e casa d’aste che hanno già dato prova di commerciare materiale di dubbia provenienza.
Non concordo poi sul fatto che collezionare monete non possa mai essere etico al 100%. Dipende, ovviamente, da come si colleziona, da dove si compra e da quello che si compra, senza per questo dover fare scelte manichee (o è nero o è bianco).
Non capisco, a questo proposito, cosa cambi per il Prof. Jenkins, se la moneta ha documentazione verificabile da o precedentemente al 1973.
Se si pone un problema etico, esso può travalicare tranquillamente la soglia del 1973. Lo sa il Prof. Jenkins che in Italia la soglia è addirittura fatta risalire dalla nostra legge al 1909 o, secondo alcuni, almeno 1935?
Il fatto che il collezionista, a differenza del commerciante, non sia vincolato da un codice etico scritto, la trovo una scusa poco persuasiva.
Intanto il collezionista, visto che parliamo di etica, ha, o dovrebbe avere, una sua coscienza e quindi dovrebbe evitare tutti quegli acquisti (monete ancora sporche di terra, materiali provenienti da zone di guerra, venditori sottobanco o risaputamente disinvolti) che con un minimo di consapevolezza e “vigilanza” si potrebbero tranquillamente evitare.
Torno poi a sottolineare che se non ci fosse la domanda di reperti illegali, con la relativa accettazione di canali altrettanto illegali per l’acquisto, non potrebbe neppure esserci l’offerta.
Questa è un’ovvietà..ma è bene dirla.
Bada che con questo non sto mica assolvendo chi pratica il commercio illegale, tutt’altro.
Sto solo dicendo che la responsabilità morale degli scavi e del commercio illegali è anche di chi, grandi musei esteri compresi, è disposto a qualunque compromesso pur di acquisire un reperto che gli interessa.
L’accostamento che fai con lo spaccio di droga mi pare alquanto inappropriato, salvo a voler considerare il collezionismo come una malattia che crea dipendenza patologica.
Inoltre il problema della droga è legato anche al proibizionismo, che favorisce, come tutti i proibizionismi, i mercati clandestini.
Se solo il fenomeno della doga fosse regolamentato dallo Stato è probabile che ciò eliminerebbe quasi del tutto lo spaccio illegale,
Ma torniamo alla numismatica.
Mi chiedi qual’era il mio interesse ad approfondire il concetto di moneta “archeologica” nella discussione aperta sul Forum anni fa.
Te lo dico subito.
Nel periodo della discussione mi capitava frequentemente di leggere perizie di archeologi, incaricati dalle Procure di pronunciarsi a proposito dell’interesse archeologico rivestito dalle monete sequestrate a casa di collezionisti inquisiti, che compravano prevalentemente su eBay.
Ebbene, costoro rispondevano sempre o quasi (anche perché era quello che voleva sentirsi dire la Procura) che le monete in sequestro rivestivano interesse archeologico.
Dal momento che invece nelle discussioni, compresa anche questa nostra, è più volte emerso che l’interesse archeologico di una moneta è presente solo quando la stessa è “in contesto”, intendevo a suo tempo trovare conferma e acquisire argomentazioni utile per confutare la tesi che ravvisava l’interesse archeologico in monete rinvenute nei vassoi a casa dei collezionisti incauti, che avevano acquistato le monete su eBay.
Questo era l’interesse (se vuoi, professionale) che mi spinse allora ad aprire quella discussione sul Forum.
Saluti.
Michele
“Il “cercatore di tesori” non deve operare in zone archeologiche, ma se scopre altrove qualcosa di interessante per l’archeologo e ne informa immediatamente l’autorità (ed è ciò che avviene normalmente in Inghilterra) consentendo all’archeologo di intervenire subito, non vedo perché non si dovrebbero consentire ricerche con MD fuori, ripeto, fuori da zone già mappate come archeologiche.”
Inutile ripetere concetti triti e ritriti… forse si dovrebbe partecipare a uno scavo archeologico per capire il perchè i cercatori di tesori non debbano esistere e siano dei coscienti distruttori di storia e cultura.
Tu dici:”Ovviamente non si devono cedere materiali “da contesto”.”
Questa frase mi aiuta a risponderti: di una moneta recuperata da un cercatore di tesori con pala e piccone, anche sapendo il buco di origine, NON è più noto il contesto. E la moneta perderebbe il suo valore archeologico…
Chiedevo la differenza da te indicata tra monete di interesse “antiquario” e monete di interesse “numismatico” (hai parlato di 3 gruppi… il terzo era quello “archeologico”: io vedo solo 2 gruppi).
“Per quanto riguarda la disapprovazione di certo collezionismo, non mi riferivo, ovviamente, a tutti indistintamente coloro che lo praticano, ma solo a coloro che sono consapevoli di acquistare monete provenienti da scavi recenti e clandestini o che acquistano le monete sottobanco, o che continuano ad acquistare da commercianti e casa d’aste che hanno già dato prova di commerciare materiale di dubbia provenienza.”
In tale definizione te includi de facto tutti i collezionisti di monete antiche… però è meglio non dirlo a voce troppo alta… (se no rischi di essere censurato).
Mi hai chiesto numeri e ti ho fornito numeri: centinaia di migliaia di monete di “scoperta” recente, se non milioni… chi può affermare di non averne una nella propria collezione? Nessuno, tranne i bugiardi o gli ingenui… (Come ho già detto sto elaborando una mia proposta partendo da questi presupposti: la pubblicherò a breve in un nuovo articolo) e dunque il primo passo da compiere per un collezionismo quanto più possibile etico (non lo sarà mai al 100%) è prendere atto di ciò senza ipocrisia. Amo gli animali, ma mi piace anche la ciccia…
“Intanto il collezionista, visto che parliamo di etica, ha, o dovrebbe avere, una sua coscienza e quindi dovrebbe evitare tutti quegli acquisti (monete ancora sporche di terra, materiali provenienti da zone di guerra, venditori sottobanco o risaputamente disinvolti) che con un minimo di consapevolezza e “vigilanza” si potrebbero tranquillamente evitare.”
Non credo proprio potrebbe farlo: se il bronzetto di Mileto (di cui la foto sopra), privo di provenienza, fosse stato ben ripulito e per esempio venduto da una prestigiosa casa d’aste americana?
Provenienza: quasi certamente Turchia. Quando? Probabilmente scavato non molto tempo fa. E se non fosse questo esemplare quello di scavo recente, lo sarebbe quasi certamente un altro.
Ripeto. Far simili ragionamenti è ipocrita, ma alla gente non piace sentirsi così e i commercianti vogliono tutti i loro clienti felici e privi di conflitti etici interiori. La provenienza di ciò che vendono è lecita per legge. Solo perchè la legge non sa da dove arriva la maggior parte di ciò che vendono…
“il collezionismo come una malattia che crea dipendenza patologica.”
In molti casi gli si avvicina molto…
“Inoltre il problema della droga è legato anche al proibizionismo, che favorisce, come tutti i proibizionismi, i mercati clandestini.
Se solo il fenomeno della doga fosse regolamentato dallo Stato è probabile che ciò eliminerebbe quasi del tutto lo spaccio illegale”
Quindi per eliminare i criminali la soluzione sarebbe rendere legale qualsiasi crimine? Scusa, ma ho una visione, non dico diametralmente, ma quasi del tutto opposta…
Capisco dunque il motivo del tuo interesse… probabilmente ti sarà capitato un caso del genere…
La triste realtà è che quelle monete rivestivano un’interesse archeologico, perduto, a mio avviso, una volta che sono state indebitamente sottratte dal sito di giacitura. Ed è per questo che se ne dovrebbe occupare solamente chi sa farlo… faresti forse progettare un ponte a un fruttivendolo? Ed è per questo che si tratta di un crimine. Quello di avere distrutto informazioni preziose di interesse collettivo.
Ma non credere che ci sia grossa differenza tra lo sciocco che vende su ebay monete che ha appena scavato facendosi subito beccare e la grande casa d’aste che vende quelle stesse cose tutte carine e infiocchettate… E’ solo una questione di apparenza.
http://www.mondoclassico.it/wp/index.php/2016/04/25/the-sceptical-amateur-scholar-of-numismatics-4/
Provenienza turca recente o false? Mmmmm….
La soglia del 1973 è puramente legata alla convenzione Unesco del 1972, della quale ho messo il link sopra (il Prof Elkins non colleziona più). Se proseguiamo il tuo ragionamento qualsiasi bene culturale in qualsiasi museo sarebbe non etico… be in effetti in parte è vero… quindi che vogliamo fare? Restituire tutto agli Stati derubati da secoli dei loro patrimoni storico-archeologici? E’ impossibile… è necessario un compromesso, ossia una Convenzione, il cui scopo ultimo non sia tanto di rimediare ai danni fatti, che perlopiù sono irrecuperabili, ma di evitare piuttosto che ulteriori danni siano fatti di lì in poi. Questo è il mio pensiero.
“Inutile ripetere concetti triti e ritriti… forse si dovrebbe partecipare a uno scavo archeologico per capire il perchè i cercatori di tesori non debbano esistere e siano dei coscienti distruttori di storia e cultura.”
Capisco perfettamente che il rinvenimento ideale è quello che si verifica allorchè è in corso uno scavo.
Ma che lo si voglia o no, che piaccia o che non piaccia, sono innumerevoli i ritrovamenti casuali da parte dei privati.
Sai meglio di me che alcuni reperti di inestimabile valore storico, archeologico e numismatico sono capitati ai privati e non perchè costoro fossero alla spasmodica ricerca di reperti ma solo perchè il caso ha voluto così.
Se l’archeologo fosse il primo, dopo il casuale ritrovatore, a raggiungere il sito e a proseguire lo scavo, quante informazioni verrebbero acquisite e salvaguardate?
Gli archeologi pretendono giustamente di avere l’esclusiva di uno scavo ma sono consapevoli di quanti ritrovamenti sono loro negati solo perchè la burocrazia “poliziesca” italica allontana il cittadino ritrovatore (altrimenti detto “tombarolo onesto”) dalle istituzioni e quindi dagli archeologi?
Il caso che fai, dell’unica moneta prelevata dal casuale ritrovatore, che la estranea dal suo contesto archeologico, è realistico; ma rispondo che; se il ritrovatore fosse stimolato ad informarne immediatamente l’archeologo, fornendogli anche la profondità alla quale ha rinvenuto la moneta e consentendogli di esaminare immediatamente il sito di ritrovamento, non possiamo escludere che l’archeologo sia in grado di proseguire proficuamente lo scavo e lo studio del contesto.
D’altronde, va anche detto che se il ricercatore non trovasse quella moneta, l’archeologo non ne avrebbe mai potuto sapere nulla., In questo caso, almeno, se l’archeologo intervenisse subito. non possiamo escludere a priori che l’intervento sia proficuo..
I tre gruppi delle monete sono i seguenti:
1 – monete di interesse archeologico (sono le monete rinvenute in situ;
2 – monete di interesse numismatico (che possono essere rinvenute in situ o anche fuori contesto, ma che rivestono un particolare interesse numismatico per lo Stato);
3 – monete di interesse antiquario:(sono le monete che non rivestono interesse archeologico nè numismatico).
Quanto al problema del “collezionismo etico”, nel mio primo intervento in questa discussione avevo scritto esattamente queste cose (mi scoccia “autocitarmi, ma ci tengo a ribadire il mio pensiero sul punto)
“Andando al tema specifico, il problema etico che hai sollevato (….) è, per certi versi, un problema irrisolvibile, alla luce della normativa italiana, che da circa un secolo – pur con periodici aggiornamenti – regola sostanzialmente in modo uniforme la materia del commercio e dei ritrovamenti numismatici.
Il rischio di un’applicazione rigorosa di questa normativa porterebbe alla paralisi del commercio, dal momento che se si dovessero verificare le provenienze ante 1909 di ogni moneta in circolazione, ben pochi sarebbero i nummi commerciabili.
Per evitare la paralisi, si è scelta una via di compromesso, rappresentata dai Registri dei commercianti sui quali vengono annotate le “provenienze” delle monete.
Poiché questi Registri sono periodicamente controllati dalle Autorità, si suppone che il materiale che supera indenne tale vaglio, ancorché di provenienza non anteriore al 1909, possa ritenersi legittimamente sul mercato.
Siamo al cospetto di una evidente “fictio iuris”, nel senso che, se si operasse uno scrutinio rigoroso (simile a quello che spesso viene richiesto in sede giudiziaria per le monete sequestrate a privati e prive di “pedigree”) non si capisce perché dovrebbe bastare una recente registrazione apposta su un Registro pubblico, per riconoscere legittimazione commerciale ad una moneta antica.
Che sia una materia intrisa di ipocrisia, non ci piove, considerando anche il fatto che i controlli sui predetti Registri pubblici sono spesso all’acqua di rose, in quanto eseguiti da soggetti che non sempre sono in possesso di adeguate conoscenze numismatiche.
Per tale motivo, detti controlli si risolvono spesso in validazioni puramente formali. Ma tanto basta.”
Quindi, sono il primo a pensare che la materia sia fortemente caratterizzata da ipocrisia e che non ci possa essere un collezionismo “etico” al 100%.
Ribadito questo, però, e per riprendere la tua analogia, che condivido, si può essere anche animalisti pur mangiando ogni tanto una bistecca.
Allo stesso modo, se i collezionisti cominciassero a non comprare più monete da certe case d’asta “disinvolte”, se esercitassero una maggiore vigilanza e si facessero qualche domanda rispetto a materiali che spesso, anche sul Forum, vengono additati come “a rischio”, se non badassero solo alla loro convenienza economica di un acquisto ma considerassero tutto il “contesto” circostante, forse capiterà pure di mangiare una bistecca una volta ogni tanto ma non tutti i giorni (sopratutto poi ignorando che sia una bistecca e pensando invece che si tratti di verdura…).
“il collezionismo come una malattia che crea dipendenza patologica.”
In molti casi gli si avvicina molto…
Beh, però se la cosa sta in questi termini, esistono anche degli ottimi medici specializzati nel curare certe malattie.
Parliamoci chiaro: il collezionismo è tra le esigenze più voluttuarie e “capricciose” del genere umano.
Quindi direi che possa e debba essere giustamente regolamentato e se qualcuno ne è ammalato, tanto da non sapere più distinguere tra il buono ed il cattivo e tra cosa sia bene e cosa sia male….ne sono desolato, ma vada a farsi curare da un bravo specialista..
“Quindi per eliminare i criminali la soluzione sarebbe rendere legale qualsiasi crimine? Scusa, ma ho una visione, non dico diametralmente, ma quasi del tutto opposta.”
Guarda che la droga, in se, non è un crimine..
Se ne può disapprovare l’uso e si può ritenere sbagliato che lo Stato la fornisca a prezzi competitivi ai tossici.
Il crimine è spacciarla (l’uso personale non è più reato da tempo, ma costituisce un illecito amministrativo) e, ovviamente sono spesso crimini quelli commessi dai tossici e legati alla necessità di procurarsi i mezzi finanziari per acquistarla al mercato clandestino.
D’altronde, l’opinione “antiproibizionista” che auspica che sia lo Stato a “spacciarla” per arginare la malavita non è mica una mia teoria.
Il partito radicale sono 50 anni che ne parla.
Sarà anche ipocrita che lo Stato venda la droga, ma a questo punto è ipocrita anche la vendita delle sigarette e del tabacco (che, come la droga, creano dipendenza) con le scritte sui pacchetti che “il fumo uccide” o “che nuoce gravemente alla salute”.
Su questi argomenti “etici”, io però sono poco coinvolto e quindi non faccio testo: colleziono monete soltanto degli ultimi 300 anni; non mi drogo, non fumo e quindi mi ritengo poco attendibile rispetto ad una serena disamina di questi fenomeni.
L’ho già scritto: se fosse per me fallirebbero i tombaroli, gli spacciatori e anche i Monopoli di Stato.
Ed è per questo che insisto nel dire che è la domanda che genera l’offerta…non il contrario.
Dicono però che il mondo è bello perchè è vario,, e quindi siamo qui a parlare di etica del collezionismo.
“Capisco dunque il motivo del tuo interesse… probabilmente ti sarà capitato un caso del genere.”
Ti assicuro che me ne sono capitati molto più di uno…
“La triste realtà è che quelle monete rivestivano un’interesse archeologico, perduto, a mio avviso, una volta che sono state indebitamente sottratte dal sito di giacitura. Ed è per questo che se ne dovrebbe occupare solamente chi sa farlo…faresti forse progettare un ponte a un fruttivendolo? Ed è per questo che si tratta di un crimine.”
Esatto. Quelle monete rivestivano (un giorno, chissà quando) interesse archeologico, ma non lo rivestono più oggi, che sono decontestualizzate.
Quindi non mi puoi dire che rivestono, ancora oggi, interesse archeologico.(perchè questa era la specifica domanda rivolta all’archeologo).
Sul fatto poi che ci sia un crimine, lo dovrà dimostrare l’accusa, secondo i principi che governano l’attività inquisitoria e che spesso utilizza come “assist” proprio la dichiarazione che le monete sono (ancora) di interesse archeologico.
“Quello di avere distrutto informazioni preziose di interesse collettivo.”
E’ proprio questa evenienza che si dovrebbe scongiurare, partendo però dal presupposto che anche con la migliore buona volontà, non si può pensare che tutti i ritrovamenti capitino solo agli archeologi.
Se così fosse io sarei felicissimo…ma so che così non potrà essere.
“Ma non credere che ci sia grossa differenza tra lo sciocco che vende su ebay monete che ha appena scavato facendosi subito beccare e la grande casa d’aste che vende quelle stesse cose tutte carine e infiocchettate… E’ solo una questione di apparenza.
http://www.mondoclassico.it/wp/index.php/2016/04/25/the-sceptical-amateur-scholar-of-numismatics-4/
Provenienza turca recente o false? Mmmmm…”
Si, però è anche spesso una questione di consapevolezza.
La casa d’aste, il commerciante hanno (o dovrebbero avere) una consapevolezza del disvalore insito nel materiale trafugato ben maggiore del privato che, scavando con la zappetta, ha ritrovato qualche coccio rotto..
“La soglia del 1973 è puramente legata alla convenzione Unesco del 1972, della quale ho messo il link sopra (il Prof Elkins non colleziona più). Se proseguiamo il tuo ragionamento qualsiasi bene culturale in qualsiasi museo sarebbe non etico… be in effetti in parte è vero… quindi che vogliamo fare? Restituire tutto agli Stati derubati da secoli dei loro patrimoni storico-archeologici? E’ impossibile… è necessario un compromesso, ossia una Convenzione, il cui scopo ultimo non sia tanto di rimediare ai danni fatti, che perlopiù sono irrecuperabili, ma di evitare piuttosto che ulteriori danni siano fatti di lì in poi. Questo è il mio pensiero.”
Non ho detto che le acquisizioni di beni culturali da parte dei musei sarebbero “non etici”.
Intanto, ricorderei sempre la favoletta “dell’animalista e della bistecca” anche a questo proposito e poi suggerirei la lettura di un articolo, per capire a chi intendessi riferirmi nel precedente intervento, quando parlavo di “gentaglia”:
http://www.ilgiornaledellarte.com/articoli/2011/5/107938.html
La “Convenzione”, o è generalizzata o non serve a nulla, perchè fino a quando un Paese non aderirà alla Convenzione, da quel Paese continuerà ad arrivare, legalmente, di tutto.
Saluti.
Michele
Hai utilizzato più e più volte parole connesse all’ambito semantico della casualità: uno che va in giro con pala, piccone e metal-detector NON è un casuale ritrovatore, a mio avviso è un cosciente criminale…
E comunque il contesto non è solo questione di profondità, tanto più che se uno va a caccia di monete distrugge tutto quello che sta sopra.
Grazie per la spiegazione sui tre tipi di monete: concordo, come anche quando dici:”Quindi, sono il primo a pensare che la materia sia fortemente caratterizzata da ipocrisia e che non ci possa essere un collezionismo “etico” al 100%.”
Il post precedente però dicevi:”Non concordo poi sul fatto che collezionare monete non possa mai essere etico al 100%. Dipende, ovviamente, da come si colleziona, da dove si compra e da quello che si compra, senza per questo dover fare scelte manichee (o è nero o è bianco).” Un evidente contraddizione, che credo e spero possa spiegarsi come un tuo cambio di opinione grazie anche a questa discussione. Il che dimostrerebbe la proficuità della stessa per entrambi.
Il crimine al quale mi riferivo, da non avvocato, era più di natura morale che legale… non esistono commercianti che non vendano monete quantomeno di dubbia provenienza. Ma dato che l’onere della prova spetta all’accusa, se non si è colti in flagrante tutto è legale…
Detto questo, rimango dell’idea “della bistecca” e non voglio distruggere il mercato numismatico…
“La casa d’aste, il commerciante hanno (o dovrebbero avere) una consapevolezza del disvalore insito nel materiale trafugato ben maggiore del privato che, scavando con la zappetta, ha ritrovato qualche coccio rotto..”
Più che altro hanno consapevolezza del loro valore pecuniario.
“Esatto. Quelle monete rivestivano (un giorno, chissà quando) interesse archeologico, ma non lo rivestono più oggi, che sono decontestualizzate.
Quindi non mi puoi dire che rivestono, ancora oggi, interesse archeologico.(perchè questa era la specifica domanda rivolta all’archeologo).”
Non l’ho mai detto io… però ciò è successo perchè qualche tombarolo le ha scavate. “D’altronde, va anche detto che se il ricercatore non trovasse quella moneta, l’archeologo non ne avrebbe mai potuto sapere nulla…” E che se ne farebbe l’archeologo di una moneta comune decontestualizzata? Meglio che rimanga al suo posto finchè non potrà essere recuperata correttamente…
[…] questo articolo, che si configura come l’ideale prosieguo del precedente (http://www.mondoclassico.it/wp/index.php/2016/07/27/letica-nel-collezionismo-de-lamoneta/), voglio provare a offrire una soluzione di compromesso a chi voglia collezionare monete antiche, […]
Ciao Michele!
Voglio raccontarti una storiella e mi piacerebbe avere un tuo parere a riguardo, visto che, in quanto avvocato, sei più avvezzo di me a questioni del genere.
Durante una delle molte accese discussioni sul forum con la mia Nemesi commerciale è intervenuto uno dei moderatori, nonchè membro del team pro, e ha preso totalmente le parti della controparte. Dato che si tratta di un giovane archeologo ho trovato piuttosto strane alcune delle sue affermazioni, ma non tutti la pensano in maniera identica…
Appare a partire dal post 57 con una strana introduzione corredata da faccina che ride:”Stasera leggo le greche… 😀 che volete che vi dica, non so che fare…”
http://www.lamoneta.it/topic/143945-le-monete-pi%C3%B9-false-di-alessandro-magno/?page=3
E poi in questo altro topic:
http://www.lamoneta.it/topic/144411-dunque-il-price-%C3%A8-da-buttar-via/
Qualche giorno fa ho scoperto che:
https://www.facebook.com/tinia.numismaticamirko
Caspita! Il moderatore è anche stipendiato dal commerciante… e il commerciante è membro del NIP, che è la più importante lobby dei commercianti di monete italiani…
Io penso, e ciò secondo me è confermato dalla battutina iniziale, che il datore di lavoro abbia chiesto al proprio dipendente di intervenire nella discussione per dare maggiore peso alle proprie posizioni.
E anche se non fosse così, ciò non è forse un conflitto di interessi? Ciò non è forse poco etico? Un moderatore non dovrebbe essere per definizione super partes?
Stando così le cose:”Quis custodies ipsos custodes?”
Ciao Davide.
Sono andato a leggermi le due discussioni di cui hai riportato i link.
Confesso che non sono arrivato sino alla fine ma spero di averne comunque colto l’essenza.
La mia sensazione, da perfetto ignorante della monetazione di cui discutevate, è che tu e Mirko non concordate essenzialmente su un aspetto, per così dire “metodologico”: mentre tu parti dal presupposto che i materiali musealizzati ed i testi accreditati in letteratura rappresentano dei punti di riferimento da considerare “granitici”, la posizione di Mirko è nel senso di non dare mai nulla per scontato se prima non lo si è verificato di persona.
Probabilmente ho ridotto “all’osso” la querelle ma questo è ciò che ho percepito.
Se il contrasto con il tuo collega archeologo/moderatore si fonda su questo, non vedrei in ciò una posizione strumentale o faziosa del moderatore verso le tue convinzioni, essendo entrambe le vostre opinioni rispettabili o, almeno, suscettibili di essere dialetticamente considerate e argomentate.
Sulla questione del rapporto di dipendenza tra il moderatore e un utente-commerciante presente sul forum, se anche così fosse non ne farei un “casus belli”.
Devo fra l’altro segnalarti che, pur leggendo da anni solo sporadicamente le sezioni frequentate da Mirko, mi è sembrato di notare che egli abbia sempre avuto una condotta ed un linguaggio sobrii e pacati e mai partigiani.
Sui contenuti espressi, dal basso della mia ignoranza della materia, non posso ovviamente dire nulla.
Mi chiedi se si possa profilare un “conflitto di interessi” tra l’incarico di moderatore del Forum e quello di dipendente di un utente commerciante?
Mah, non vedrei, in quest’ottica, il forum come una vera e propria azienda o un’organizzazione nella quale possa assumere rilevanza la posizione (eventualmente non super partes) di chi svolge taluni incarichi nello staff, incarichi che rispondono (credo) più ad una logica di fiducia e competenza – valutata chiaramente da chi amministra il forum – che non ad altri requisiti.
Come ti scrissi a suo tempo, anch’io ho avuto modo di riportare sul forum riflessioni che possono aver dato fastidio a qualcuno, ma le ho potute sempre scrivere senza che nessuno dello staff mi abbia mai ripreso o sospeso e, tanto meno, bannato.
A suo tempo mi venne affidato l’incarico di curatore delle sezione regno d’Italia; ma detti “le dimissioni” per motivi personali.
Molte di quelle riflessioni che ho riportato sul forum sono le stesse che ho scritto qui nel tuo blog e quindi non sono esattamente considerazioni gradite a tutti.
Non avendo seguito attentamente le discussioni che hanno portato al tuo ban, non sono in grado di capirne le ragioni precise o gli antefatti.
Non penso, tuttavia, e lo dico con la massima serenità, che il tuo allontanamento sia stato voluto da quella che tu chiami la lobby dei commercianti.
Al tuo posto e se mi interessasse rientrare sul forum, chiederei a reficul di riesaminare il caso e ci farei due chiacchiere al telefono; il tuo contributo, anche se talvolta è apparso “contro corrente”, può anche per questo motivo risultare molto costruttivo.
Saluti.
Michele
Grazie per la tempestività e la tua risposta come sempre imparziale, che è cosa rara… anche se personalmente ho un’opinione un pò differente.
Ho rivisto le mie posizioni e ti posso dire che il forum non è una lobby, ma parte della lobby dei commercianti fa parte (evidentemente) di esso. Il mio allontanamento non è stato voluto da questa “lobby”, visto che anche il mio avversario è stato temporaneamente sospeso 2 volte, ma Lamoneta (nel suo insieme di staff e utenti) fa parte di un sistema che si adegua per lo più all’etica del commercio e molto spesso ritiene che tutto ciò che è legale vada bene. In tal senso protegge sè stesso da ciò che potrebbe nuocergli e la dichiarata motivazione (ideologica) del mio allontanamento lo dimostra appieno. Ho anche compiuto sbagli, ma in alcuni casi anche perchè ritengo di non essere stato adeguatamente tutelato in relazione a numerose offese e attacchi a livello personale, che mi hanno portato a sbottare. Ma mantenere l’ordine in un contesto da 40.000 persone non è facile e forse è per questo che a volte vengono adottate rapide soluzioni salomoniche, senza particolari indagini sul perchè delle cose. Ribadisco comunque il pieno diritto da parte loro di bannarmi visto quanto scritto al punto 8.2 del regolamento. Hanno eliminato una scocciatura e dal loro punto di vista hanno fatto bene.
Ho avuto modo di scambiare alcune email col signore da te citato e la cosa non mi ha fatto certo tornare voglia, semmai fosse stato anche possibile, di rientrare, come gli ho fatto ben comprendere.
Riguardo al fatto che possa essere costruttivo voglio ricordare come abbia passato tantissimo tempo e speso anche soldi per fare ricerche e rispondere, spesso trascurando le mie personali, alle domande di altri utenti. Le discussioni più tecniche non se le è filate nessuno, al contrario di quelle nelle quali c’erano pochi contenuti e tante polemiche…
Ma io sono “una persona inutile, un deficiente, un talebano, uno talmente privo di metodo che tutto quello che dico deve essere contraddetto, un membro di una casta che manovra nell’ombra per i suoi oscuri fini…”… questi sono invece concetti che possono essere espressi liberamente…
Il forum è un luogo frequentato un pò da tutti gli appassionati di numismatica, anche se mi sentirei di dire, dopo quasi 12 anni di “miltanza” (sono iscritto dal dicembre del 2004), che la sua “popolazione” realmente residente è assai variegata:
– intanto, dei quasi 40 mila iscritti, in realtà di utenti attivi ce ne saranno forse solo 300/400;
– la stragrande maggioranza di chi si iscrive vuole solo sapere quanto valgono le monete che ha in mano e non gliene frega niente di sapere altro. Giusto un paio di interventi e poi spariscono per sempre;
– una piccola parte è composta da appassionati studiosi che possono anche essere collezionisti o lo sono stati; Costoro, secondo me, sono il vero “motore” del forum;
– un’altra piccola parte è composta da venditori “strutturati”;
– un’altra ancora è rappresentata da “traffichini” più o meno attivi e più o meno interessati ad approfondire temi numismatici.
Il resto è un mare di “fuffa” e di numeri virtuali, utili solo a dire che gli iscritti sono 40 mila e che i “click” sono tot.
A onor del vero, va detto che certe decisioni dello staff fondate su un regolamento che, a volte, può apparire poco democratico, si giustificano con alcuni “casini” che in passato sono persino sfociati in procedimenti giudiziari e consigliano quindi di prevenire situazioni potenzialmente molto dannose, in primis per chi amministra il Forum.
D’altro canto, sono problemi che anche tu conosci, avendo un blog, e giustamente ti cauteli di conseguenza con il disclaimer e la premoderazione degli interventi dei nuovi iscritti,
In questa nostra conversazione è emerso che il collezionismo, specialmente quello di monete antiche, può porre a chi lo pratica dei problemi etici.
A questa conclusione, se ci siamo arrivati noi, ci possono arrivare tutti…piuttosto occorre vedere quale sia la soglia soggettiva di percezione del problema.
D’altro canto però, bisogna anche essere realisti: il collezionismo numismatico è garantito dalla legge così come la legge autorizza, a determinate condizioni, la vendita di monete.
Quindi, pur non sottovalutando l’aspetto etico, ma volendo essere prima di tutto un “laico”, non vorrei arrivare a conclusioni estreme e, se mi passi l’aggettivazione, un tantino “talebane”, e cioè negare l’esercizio del collezionismo sulla sola scorta della (presunta) violazione di principi etici.
Il rispetto dell’etica può essere salvaguardato boicottando certe vendite ed astenendosi da acquisti che non convincono appieno.
D’altro canto, il collezionista numismatico di monete antiche non è uno che si sveglia una mattina e dice: “ah, oggi ho deciso che mi darò alla numismatica classica e quindi, dopo le abluzioni mattutine, mi sa che mi compro un sesterzio da un’asta americana…”
Chi acquista monete in aste non è uno che non sa cosa sta facendo (almeno…di norma) e dunque pensare che il collezionista di classiche sia un fanciullino ignaro del mondo (numismatico) che lo circonda, mi sembra poco credibile.
Per questo egli dovrebbe essere in grado di valutare ciò che acquista, non limitandosi al rispetto degli elementi puramente formali ma spingendosi anche (laddove ciò sia possibile) a valutare “il merito”.
In molti casi, questo va detto, proprio dal forum sono arrivate delle utili indicazioni a non acquistare certo materiale.
Mi dispiace molto che il tuo confronto con reficul non sia stato chiarificatore.
Saluti.
Michele
Sul fatto che a molti di principi etici non gliene freghi niente sono d’accordo con te.
“Quindi, pur non sottovalutando l’aspetto etico, ma volendo essere prima di tutto un “laico”, non vorrei arrivare a conclusioni estreme e, se mi passi l’aggettivazione, un tantino “talebane”, e cioè negare l’esercizio del collezionismo sulla sola scorta della (presunta) violazione di principi etici.
Il rispetto dell’etica può essere salvaguardato boicottando certe vendite ed astenendosi da acquisti che non convincono appieno.”
Innanzitutto il termine talebano non mi piace (come ho detto lo trovo politicamente scorretto, dato che gli estremismi ci sono sotto ogni bandiera e in ogni religione), ma vabbè; e comunque mi pare di aver proposto un compromesso più che accettabile e decisamente “non talebano”, ma visto il gran successo che sta avendo sto iniziando a pensare che la gente normalmente non si curi da dove provengano le monete che acquista; basta poterle acquistare e farlo al prezzo più basso possibile…
Ma come fai a valutare il “merito” di un venditore che propugna solo monete che non si sa da dove provengano?
Alla gente basta avere il fondoschiena legalmente protetto… a me no! Non più almeno…
“Mi dispiace molto che il tuo confronto con reficul non sia stato chiarificatore.”
Al contrario, lo è stato molto.
“mentre tu parti dal presupposto che i materiali musealizzati ed i testi accreditati in letteratura rappresentano dei punti di riferimento da considerare “granitici”, la posizione di Mirko è nel senso di non dare mai nulla per scontato se prima non lo si è verificato di persona.”
Se vogliamo dirla in due parole le posizioni sono queste, ma la cosa che ha dato fastidio è che io abbia esplicitamente voluto fare riferimento solamente alle monete presenti in pubblicazioni scientifiche e non a quelle astate, che ritengo siano molto più inficiate dal problema dei falsi (non che anche nei musei non ci siano, ma 1 ritengo che a parità di competenze un giudizio disinteressato valga di più, 2 le monete museate sono inoltre spesso presenti da decenni, se non secoli, quando le tecniche di falsificazione erano molto meno avanzate di oggi (e qua ritorniamo al problema dei pedigree).
In sostanza l’opinione dei miei avversari la ritengo una sorta di difesa di casta fatta da commercianti, intolleranti nei confronti dell’idea da me spesso proposta della presenza di un’enorme quantità di falsi, più di quanto si pensi e si voglia ammettere, nel mercato commerciale.
Tutti gli studi archeologici si basano sulla metodologia da me indicata, ossia sul servirsi di studi, corpora, cataloghi realizzati da precedenti studiosi, per questo non capivo perchè un archeologo la contestasse.
“Se vogliamo dirla in due parole le posizioni sono queste, ma la cosa che ha dato fastidio è che io abbia esplicitamente voluto fare riferimento solamente alle monete presenti in pubblicazioni scientifiche e non a quelle astate, che ritengo siano molto più inficiate dal problema dei falsi (non che anche nei musei non ci siano, ma 1 ritengo che a parità di competenze un giudizio disinteressato valga di più, 2 le monete museate sono inoltre spesso presenti da decenni, se non secoli, quando le tecniche di falsificazione erano molto meno avanzate di oggi (e qua ritorniamo al problema dei pedigree).”
Capisco, ma, in fondo, ti chiedo: che utilità pratica ha questa querelle?
Per quanto riguarda l’attendibilità di testi considerati, se non fondamentali, almeno “di riferimento”, nella mia modesta esperienza di studioso mi sono imbattuto in testi che contenevano delle castronerie allucinanti (e ti parlo di aspetti relativi alla numismatica del XVIII/XIX secolo, dove le fonti ed i riscontri sono fortunatamente abbastanza facili da verificare) e quindi, su un piano metodologico, anch’io tendenzialmente non mi fermerei a quanto riportano i “testi sacri” ma pretenderei di riscontrare ciò che affermano.
Però, aldilà di tutto, la polemica con Mirko & Co. su questo specifico aspetto….ma ne vale la candela?
Sul fatto che gli studi archeologici si basino sulla metodologia da te indicata, non discuto; ma se qualcuno ti dicesse che preferisce, nonostante i “punti fermi”, approfondire personalmente determinati aspetti, che fai? Gli togli il saluto?
Ognuno credo che sia libero di fare ricerca come meglio crede. L’importante è poi che gli esiti delle ricerche trovino riscontri oggettivi e siano scientificamente dimostrabili. Se poi per giungere ad una conclusione si segue un procedimento diverso da quello canonico, pazienza. Non è morto nessuno.
Michele
Il vero argomento oggetto del contendere non era quello della ricerca, ma quello dei falsi…
Appunto….
M.
“La mia sensazione, da perfetto ignorante della monetazione di cui discutevate, è che tu e Mirko non concordate essenzialmente su un aspetto, per così dire “metodologico”: mentre tu parti dal presupposto che i materiali musealizzati ed i testi accreditati in letteratura rappresentano dei punti di riferimento da considerare “granitici”, la posizione di Mirko è nel senso di non dare mai nulla per scontato se prima non lo si è verificato di persona.”
e poi dici in replica al mio post “Il vero argomento oggetto del contendere non era quello della ricerca, ma quello dei falsi…”:
“Appunto…”
Eccoti servito il tuo conflitto di interessi…
Non riesco poi a trovare una singola parola per definire questa situazione, ma forse tu, come avvocato, potresti suggerirmela…
Un contadino turco trova un tesoretto di monete greche d’argento e decide di venderle. Suo cugino sta in Italia, ma gli ha detto che, a causa della bigotta legislazione ivi presente, non è così semplice perchè si deve garantire la “lecita provenienza”. Allora decide di recarsi dal suo antiquario di fiducia. Questo contatta un suo amico in Germania, dove sono più liberali e il tesoretto finisce in vendita in un’asta di un rivenditore XY. Uno dei pezzi se lo aggiudica un commerciante italiano che a questo punto ha ottenuto la “”lecita provenienza” (“Da asta commerciante XY”) e può rivenderlo qui da noi. Come si definisce questa cosa?
“Appunto” era riferito al fatto che non valeva la pena di alimentare la polemica con Mirko sulla “metodologia”, quando la reale questione da affrontare era quella dei falsi.
In altri termini, la polemica “metodologica” ha sviato la discussione e l’attenzione dei lettori dal vero focus;dell’argomento, che a quel punto è passato in secondo piano.
La “parabola” del contadino turco ha sicuramente un fondamento di verità; però, da qui a sostenere che ogni moneta antica abbia la stessa provenienza illecita di quella del contadino turco, ce ne passa.
M.
E chi credi abbia soffiato sulle fiamme di questa polemica secondaria rispetto al succo del discorso, anche grazie alla collaborazione del suo collaboratore moderatore. Mi ci sono volute un paio di settimane per andare a cercare tutte le monete edite ed elaborare quel post… mi e’ stato persino chiesto dal curatore di mettere tutte le singole foto e io l’ho fatto… Nessuno ha osato commentare le mie posizioni se non con “sei antipatico” o “tutto ciò che dici non vale una cicca perché non hai metodo”, scoraggiando in tal modo eventuali interventi costruttivi… O eventualmente anche distruttivi, ma argomentati e sul pezzo, visto che alla fine in ogni discussione a cui partecipavo si arrivava a parlare solamente di quanto è fesso Caio…
[…] and the ideal continuation of the previous one (http://www.mondoclassico.it/wp/index.php/2016/07/27/letica-nel-collezionismo-de-lamoneta/), I try offering a compromise solution for those who want to collect ancient coins, but at the same […]