Usciamo dalla Macedonia e rientriamo in Tessaglia fino a giungere a Volos, città portuale sul golfo di Pagase, ottima base di partenza per visitare i dintorni e con un museo archeologico degno di nota.
DEMETRIADE
Se con Cassandro la Macedonia vera e propria aveva avuto una certa stabilità, la sua morte provocò un disastro degno di una telenovela. Salì al potere Filippo, figlio primogenito, ma dopo soli 3 mesi morì. Gli successero, spartendosi il potere, gli altri due figli: Antipatro e Alessandro. Questi erano tanto ambiziosi, quanto inetti e (giustamente) sospettosi l’uno dell’altro.
Antipatro, confidando nel proprio genero nonchè sovrano di Tracia Lisimaco, fece uccidere la propria stessa madre Tessalonica e esautorò dal potere il fratello. Questi, per tutta risposta, chiese aiuto sia al re d’Epiro Pirro (cugino di secondo grado di Alessandro Magno), sia a Demetrio Poliorcete (suo zio in quanto aveva sposato Fila, sorella dello stesso Cassandro).
Il primo a intervenire fu Pirro, che però all’arrivo del secondo si ritirò in buon ordine pur mantenendo il controllo di alcune regioni dell’interno. Demetrio invece sconfisse e uccise Antipatro (o secondo altri lo avrebbe ucciso il suo caro suocero Lisimaco), ma poi decise di non accontentarsi e di puntare al bersaglio grosso. Fece fuori quindi anche Alessandro e fu proclamato nuovo re di Macedonia (294-287 a.C.).
Poi fondò una nuova capitale per i propri possedimenti, Demetriade appunto, più a Sud di quanto non fosse in precedenza, al fine di assecondare le nuove condizioni strategico-militari che si erano create.
Gli abitanti della nuova città, fatto peraltro abbastanza normale, provenivano spesso anche da zone lontane (Epiro, Tebe, Apollonia, Amfipoli…), come dimostrano una notevole serie di stele funerarie dipinte rinvenute in loco e conservate nel museo archeologico di Volos.
Tra i resti monumentali più significativi vi sono un bel teatro costruito sfruttando un pendio naturale e il palazzo reale posto in posizione dominante su un’altura vicina al mare.
Ma c’è un luogo che più tra tutti ha stimolato il mio interesse. Si trova sulla collina antistante il palazzo, dal quale quindi doveva essere ben visibile (e viceversa).
Per raggiungerlo non ho trovato strade e sono salito sotto un sole cocente per un pendio molto ripido, irto di rovi e con nidi di grossi ragni (la foto non rende). Nel caso decideste di visitarlo, portatevi un’abbondante scorta d’acqua, usate pantaloni lunghi e, se possibile, andate di mattina presto o verso il tramonto.
Ad ogni modo ne vale la pena per le emozioni che è in grado di trasmettere.
Plutarco (Demetrio, 53, 1-3) racconta che ci fu tuttavia qualcosa di drammatico e teatrale anche nelle cerimonie funerarie che furono organizzate in onore di Demetrio Poliorcete. Quando Antigono (Antigono Gonata, figlio di Demetrio e Fila, che fu re di Macedonia dal 277 al 239) seppe che gli stavano portando i resti di suo padre, egli prese il mare con tutta la sua flotta e andò incontro alle navi di Seleuco sulle isole. I resti gli furono presentati in un’urna dorata ed egli la collocò sulla più grande tra le sue imbarcazioni. Quindi nelle varie città dove la flotta toccava terra al suo passaggio, alcuni portarono ghirlande per adornare l’urna, altri mandarono rappresentanti vestiti a lutto per scortarla a casa e seppellirla.
Quando la flotta raggiunse Corinto, l’urna fu posta in piena vista sulla poppa dell’ammiraglia, ricoperta da porpora reale, coronata con il diadema di un re e circondata da una guardia di giovani uomini armati. Vicino stava seduto Senofanto, il più famoso flautista dell’epoca, che suonava un inno sacro; i rematori tenevano il tempo della musica e lo sciabordio ritmico dei loro remi si accordava perfettamente alle cadenze del flauto e risuonava come una persona a lutto che si batte il petto.
Ma fu la vista di Antigono, la sua testa piegata dal dolore e i suoi occhi pieni di lacrime che accesero di più la compassione delle folle che accorrevano sulla sponda del mare. Dopo che i resti furono coronati da ghirlande e altri onori furono tributati a Corinto, Antigono li portò a Demetriade affinche fossero tumulati. Questa era la città che aveva preso il nome da suo padre, che aveva fatto stabilire in essa gli abitanti di vari villaggi attorno a Iolco.
Analizziamo brevemente questo passo.
Antigono fece tutta questa sceneggiata per puro amore filiale? Io penso di no, ma indipendentemente da quanto fosse turbato nell’intimo, era un politico capace e ambizioso, che seppe uscire da una situazione storica molto intricata e reggere la Macedonia per quasi 40 anni. All’epoca dei fatti descritti non era ancora divenuto re, ma Demetrio lo era stato. Celebrarlo significava celebrare di riflesso sè stesso. E una sepoltura di carattere intimo non avrebbe contribuito allo scopo.
Riprendiamo il filo del discorso. Sulla collina soprastante il teatro la roccia era stata spianata per ospitare un edificio lungo ben 137 metri!!! L’area inoltre era stata regolarizzata con sostruzioni in opera pseudo-isodoma.
Secondo alcuni sarebbe stato un tempio di Dioniso, ma considerato quanto detto in precedenza e le dimensioni colossali (si consideri che il Partenone è lungo circa 70 metri) mi riesce difficile pensare non si tratti di un Heroon, cioè del monumento funerario dedicato a Demetrio eroizzato.
In qualche modo tutto quanto fatto da Antigono mi ricorda Ottaviano che, all’inizio della sua carriera quando la sua situazione era ancora molto precaria, si diede un gran da fare a sostenere il culto di suo padre, in quel caso addirittura dio: il Divus Iulius. Per amore certamente… ma del proprio potere.
Numerosi sono i frammenti di marmo bianco rinvenuti in loco con decorazioni di tipo ionico.
Non so come fosse l’alzato di questa struttura, ma da ciò che ho potuto vedere il suo fulcro doveva essere costituito da una piccola zona rialzata a più livelli accessibile con gradini scavati nella roccia viva, oltre la sommità della quale era un salto di un paio di metri con parete quasi verticale. Sul fondo si apriva una piccola spaccatura naturale nella pietra, una grotticella.
Come ci insegna lo storico delle religioni Walter Burkert, nel mondo greco gli eroi appartenevano alla sfera ctonia, quella cioè legata alla terra. La loro venerazione si concretizzava in sacrifici praticati non in altari rivolti verso il cielo, ma in focolari a livello del suolo (eschara) o fosse (bothros): quest’ultimo io penso che sia proprio il nostro caso.
BIBLIOGRAFIA
A. Batziou-Efstathiou, Demetrias, Athens, 2002.
Devi essere autenticato per inviare un commento.