The importance of being earnestly provenanced

In questo articolo intendo raccogliere e analizzare una serie di contributi, che dimostrano come non solo nel mercato della compravendita di monete antiche vi sia, spesso, mancanza di etica e rispetto per il passato, ma talora anche illegalità. Ma voi collezionisti state pur tranquilli! Acquistando da un venditore professionale, la responsabilità penale di eventuali illeciti non è vostra e il massimo che vi può capitare è che vi sequestrino le monete…ma voi eravate all’oscuro della provenienza! Che potete farci… Occhio non vede, cuore non duole…
Purtroppo, spero di sbagliarmi, ma più passa il tempo e più mi convinco che anche molti collezionisti sono privi di scrupoli, ipocriti e pronti a esultare quando qualcuno supporta e legittima, magari attribuendole una valenza “culturale”, la loro egoistica pulsione numismatica.
La maggior parte delle considerazioni scientifiche proposte non sono mie, ma mi sono limitato a tradurle e sistemarle in maniera organica. Il sarcasmo e l’ironia sono invece tutti miei, dato che sono meno politically correct delle autorevoli fonti delle quali mi sono avvalso.

1. LA GUERRA IN SIRIA E IN IRAQ

Dopo la doccia fredda del caso Weiss, la prestigiosa American Numismatic Association si è data una bella svegliata.
Ute Wartenberg Kagan, direttrice esecutiva dell’ANS e studiosa di alto profilo, ha scritto un interessante articolo su come, in concomitanza del recente conflitto in Siria, ci sia stato un aumento esponenziale della comparsa sul mercato di monete, quasi sempre senza provenienza, ricollegabili, con buona probabilità, proprio a quelle aree geografiche.
Afferma tuttavia che “è quasi impossibile determinare una provenienza siriana per molte monete, a meno di non venire informati riguardo alla provenienza del ritrovamento”. Questo discorso non vale solo per la Siria, ma per tutto il mondo greco, dato che spesso determinate monete vengono scoperte in luoghi inaspettati. Ma è necessario avere un approccio scientifico e di tipo statistico. Se gli studi condotti su una monetazione dimostrano che essa proviene nella maggior parte dei casi da un’area specifica, qualora compaiano sul mercato 100 monete di quel tipo senza provenienza, sarà ragionevole affermare che la gran parte di esse provenga proprio da quella specifica area; quale siano poi tra le 100 è impossibile dirlo.
Ma esistono anche delle tendenze generali che è interessante sottolineare. Le monete in metallo prezioso (oro e argento), avendo valore intrinseco, è più facile che vengano ritrovate lontano dal luogo di produzione. Al contrario, le monete in metallo vile (bronzo, rame) essendo fiduciarie, ossia avendo valore solo in relazione all’autorità che le aveva emesse, in genere non si allontanavano mai molto dalla zona nella quale erano utilizzabili. Questo discorso vale specialmente per le monetazioni civiche, dato che il territorio della polis era piuttosto ridotto, ma è differente per le monetazioni bronzee regali, dato che i regni avevano grandi estensioni e gli eserciti degli stessi avevano raggio d’azione spesso molto ampio.
Ma, dopo questa digressione, ritorniamo alla Siria.

1-Nel suo studio sulla rara monetazione di Zenobia e Vaballato Augusto, che fu coniata per soli tre mesi (marzo-maggio 272 d.C.) ad Antiochia e Alessandria, Bland ha individuato soli 152 esemplari comparsi tra il 1800 e il 2010. Tra il 2010 e agosto 2015 ne sono comparsi altri 27… e di questi solamente 1 nel 2010 e 1 nel 2011: quindi ben 25 dal 2012. Ed è interessante che la guerra in Siria sia iniziata proprio nel 2011.
I numeri del Bland si riferiscono a esemplari sia a nome di Vaballato Augusto, sia di Zenobia, ma questi ultimi sono talmente rari che l’unico esemplare noto nel XIX secolo era sospettato di essere un falso.
La tabella che illustra il numero medio di queste monete vendute ogni anno è impietosa. Ogni colonna corrisponde a una decade, salvo l’ultima a un lustro.

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Imm. 1: numero medio di monete di Zenobia e Vaballato passate ogni anno in asta.

Ma vediamo cosa è successo dopo agosto 2015.
Sono comparsi in asta addirittura 4 rarissimi antoniniani di Zenobia, e tutti senza indicazione di provenienza: 1, 2, 3 e 4. E 7 un po’ meno rari di Vaballato Augusto, dei quali solo 2 con provenienza (1978 e 2012): 1, 2, 3, 4, 5, 6 e 7. Per un totale di 9 “nuovi” (anche se non è impossibile che la provenienza sia stata omessa) esemplari in poco più di un anno.

La conclusione della Wartenberg è che, anche se, oltre alla statistica, non vi sono prove certe del fatto che queste monete provengano da contesti siriani, la probabilità che in effetti sia così è alta. Pertanto in presenza di monete di questa tipologia in vendita senza indicazione di provenienza consiglia di informarsi su quale sia il paese d’origine.

2-Con i tetradrammi (e alcune dramme) stefanoforici prodotti attorno alla metà del II secolo a.C. in varie poleis dell’Asia Minore occidentale (Mirina, Cuma eolica, Ege, Magnesia, Smirne, Eraclea al Latmo Lebedo e Colofone) l’ordine di grandezza aumenta rispetto al caso precedente.

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Imm. 2: tetradrammo stefanoforico di Cuma eolica. Da CNG.

Gli esemplari di questa tipologia monetale con provenienza nota sono stati rinvenuti praticamente tutti in territorio Seleucide in un’area compresa tra Turchia centromeridionale/sudorientale e la Siria, con una preponderante concentrazione proprio in quest’ultima.
Nello studio di Oakley del 1982 sui tetradrammi di Cuma venivano individuati 540 esemplari.
La tabella sottostante mostra il numero impressionante di queste monete vendute tra 2000 e 2015 e in particolare in concomitanza con la guerra in Siria. Situazioni similari sono presenti anche per le monete delle altre poleis.

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Imm. 3: tetradrammi stefanoforici venduti in asta ogni anno dal 2000 al 2015.

Oggi (20 settembre 2016) sono in vendita su uno dei più noti portali di aste ben 7 tetradrammi stefanoforici di Cuma: 1, 2, 3, 4, 5, 6 e 7. Pur essendo probabile che la provenienza di alcuni esemplari da precedenti aste sia stata omessa e quindi non siano in vendita per la prima volta (ciò non esclude comunque una scoperta recente), solamente due hanno un pedigree. Uno acquistato da Numisart nel 1983 e l’altro indicato come proveniente dalla Munich Münzhandlung Karl Kress negli anni ’50 o ’60, il che vuole probabilmente indicare la presenza di un cartellino ingiallito. Nel corso del 2016 sono già stati venduti ben 28 esemplari di questo tipo di monetazione da parte di varie case d’asta (vari, CNG1, CNG2). Il totale per il 2016 è dunque di 35, ma alla fine dell’anno mancano ancora 3 mesi abbondanti…
Di queste monete, ben 19 non hanno la benchè minima indicazione di provenienza, per altre 4 è del 2011 o posteriore e quindi le possiamo tranquillamente aggiungere alle precedenti per un totale di 23, pari al 66 %. Le rimanenti sono: 1927, anni 50/’60, 1973, 1979, 1983, 1995, 2001, 2001, 2003, 2008, 2010 e un non meglio precisato acquisto presso Spink & Son. Insomma anche molti pedigree sono piuttosto recenti.

Bisogna prendere con le pinze questi dati statistici per vari motivi: per spiegare un tale aumento potrebbero bastare 1 o 2 hoards e provenienze quali Libano e la Cilicia (Turchia) sono altrettanto possibili. Queste sono riflessioni della Wartenberg, ma essa a mio avviso si concentra troppo su quella che è la tematica del suo articolo, ossia il saccheggio di monete in Siria in relazione alla guerra. Infatti credo che anche Turchi e Libanesi non sarebbero molto contenti di venire derubati del proprio patrimonio culturale e altresì se provenissero tutte da uno o due ripostigli il mancato studio degli stessi sarebbe un danno enorme alle conoscenze numismatiche.
In ogni caso la studiosa consiglia di prestare particolare attenzione alla provenienza delle monete di questa tipologia.

Amara è anche la considerazione che “il saccheggio di monete in Siria e in Iraq (e altrove) è senza dubbio molto diffuso, cosa che probabilmente si ricollega al grande numero di tipi precedentemente sconosciuti di monete rilevato dai numismatici accademici venuto alla luce nel corso degli ultimi anni”.
Questo andazzo è confermato dal Dipartimento di Stato americano, a seguito della cattura, avvenuta il 15 maggio 2015 in Siria, di Abu Sayyaf, uno dei leader dell’ISIL.
E il Dipartimento di Stato americano non è certo parte della “cricca degli archeologi” o dei “crociati accademici fondamentalisti”…
Il terrorista aveva con sè un vero e proprio tesoro storico-archeologico, con molti pezzi di sicura provenienza museale: in primis un’enorme quantità di monete di tutte le epoche (ellenistiche, romane, bizantine e arabe) e tutti i materiali (oro, argento e bronzo), oggetti di ceramica, vetro, avorio, pietra e cuoio tra i quali gioielli, statuine, coppe e manoscritti.

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Imm. 4: carrellata di alcuni dei reperti in possesso di Abu Sayyaf.

-Monete: è accertato come in Siria e Iraq le monete siano uno degli obbiettivi privilegiati dei saccheggiatori armati di metal-detector. Lo scavo indiscriminato in cerca di monete distrugge contesti archeologici che contengono testimonianze uniche e insostituibili di antiche civiltà, da grani di polline, a interi edifici.
-Placchetta iscritta in avorio del IX sec. a.C. da Nimrud (la penultima in basso nella fila di sinistra) scavata nel 1989 e conservata al museo di Mosul. Questa è una prova concreta che l’ISIL ha distrutto le statue di questo museo per scopi propagandistici, ma ha saccheggiato le collezioni “for likely financial gain”.
-Numerosi falsi e riproduzioni. Questo è molto interessante dato che dimostrerebbe ancora una volta il saccheggio dei musei iracheni. Infatti se ne ritrovano molti anche nei magazzini dei musei, dove vengono custoditi dopo essere stati recuperati dalle forze dell’ordine.

Il succo dell’articolo è che:”Questo insieme di pezzi rappresenta una primaria prova significativa del saccheggio di antichità in Siria e Israele, rubati dai musei regionali, e il loro stoccaggio per la probabile vendita sul mercato internazionale. Costituisce inoltre una prova dei saccheggi già precedentemente documentati dal Dipartimento di Stato e dalle Scuole Americane di Studi Orientali”.

Secondo voi dove sarebbero andati a finire tutti questi oggetti, se non fossero stati recuperati?
Io non escludo la possibilità che sarebbero comparsi in qualche asta online, ovviamente senza indicazione della provenienza, o magari con un più rassicurante:”da vecchia collezione formata negli anni ’50″…
Forse proprio in Germania che aveva a riguardo una legislazione molto morbida. Poi, perchè no, magari anche in Italia, dove l’avvenuta precedente vendita presso un operatore professionista avrebbe garantito legalmente la tanto decantata lecita provenienza del pezzo. Ma voi collezionisti di monete non dovete preoccuparvi. Infatti, essendo così comuni e ripetitive, queste non verranno toccate dalla nuova più rigida legge tedesca ed esemplari freschi freschi continueranno a essere a disposizione sul mercato…

2.PROVENIENZA MUSEALE? PERCHE’ NO?

Nel 2011 l’UNESCO ha pubblicato i risultati di uno studio condotto sui musei di 136 nazioni. Le conclusioni sono disastrose a dir poco:
– in 1/3 dei musei la responsabilità del magazzino non è definita;
– in 1/3 dei musei le strutture non sono adeguate;
– in 1/4 dei musei mancano i codici di collocazione, non ci sono registri, e gli oggetti sono talora collocati per terra;
– in 1/5 dei musei porte e finestre sono insicure.

Per esempio in Grecia, nel 2012, la scarsa sorveglianza dovuta alla mancanza di fondi ha portato a 2 spettacolari furti: alla Greece National Gallery (opere di Picasso, Mondrian e Caccia) e al Museo di Olimpia (ben 77 oggetti, fortunatamente recuperati 9 mesi dopo).

Ma le minacce non provengono solo dall’esterno, come dimostrano un altro paio di articoli.
Nel museo turco di Usak il direttore si era venduta, per coprire debiti di gioco, una brocca d’oro a forma di ippocampo collegabile ai sovrani della Lidia, sostituendola con una copia. Degno di un film! L’oggetto è stato poi ritrovato in Germania, guardacaso, e restituito alla Turchia.
La condanna inflitta al direttore è stata di 13 anni. Vedi: Coinsweekly, The Guardian.

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Imm. 5: qual è la copia? Quale l’originale?

Se tale personaggio è riuscito a trafugare un pezzo di tale importanza, mi chiedo quanti altri oggetti meno identificabili si sia preso, o quantomeno avrebbe potuto portarsi via senza essere scoperto. Monete per esempio…

Caso simile, anche se non vi sono ancora sentenze, è quello del museo di Pafo a Cipro, dove il direttore è stato accusato dal sindaco di aver venduto vari manufatti. Secondo il sindaco i saccheggi sono in enorme crescita a Cipro e “i saccheggiatori e il crimine organizzato sono penetrati nel dipartimento delle antichità”. Il problema in questo caso è dato dal fatto che la maggior parte degli oggetti custoditi nei magazzini del museo non sono catalogati e nessuno sa esattamente quanti siano. Vedi: Coinsweekly, Cyprus-Mail, Committee for Cultural Policy.

Devo dire con una certa tristezza, in base alla mia personale esperienza di frequentazione di magazzini di alcuni musei per la preparazione della mia tesi di laurea, che anche in Italia la situazione non è molto differente da quanto detto in precedenza. Ho avuto a che fare con persone gentilissime e oneste, ma non vi sarebbe stata alcuna difficoltà da parte loro, o persino mia, a trafugare vari pezzi, anche di un certo valore economico, con la quasi totale certezza di non essere mai beccati.

3. IL CASO ISRAELIANO

L’Israel’s Antiquities Authority (IAA) ha recentemente ritirato la licenza a vari commercianti di antichità che non avevano ripettato la nuova legge entrata in vigore a gennaio 2016 e che prevedeva che entro 3 mesi tutti i pezzi fossero catalogati in maniera inequivocabile, attraverso il loro inserimento in un database informatico. Infatti Israele permetteva una circolazione limitata di manufatti a partire dal 1978 quando gli oggetti scoperti dopo questa data divennero di proprietà statale e ai commercianti fu consentito unicamente di vendere i vecchi stock.
Ma questo sistema era evidentemente ritenuto facilmente aggirabile attraverso la sostituzione degli oggetti venduti con altri simili, esistendo solamente registri scritti a mano e privi di documentazione fotografica.

De facto la legge del gennaio 2016 è una specie di condono che lo stato ha voluto concedere. Soluzione non dissimile da quanto da me proposto come scelta volontaria ai collezionisti di monete antiche in un precedente articolo e che non ha avuto alcun riscontro… il che è molto significativo.

CONCLUSIONE

Da quanto detto in precedenza si capisce l’importanza che ha la provenienza di antichi manufatti messi in vendita, monete comprese.

Tale importanza è stata ben compresa dall’ANS, che ha adottato rigide, ma, moralmente, corrette regole circa l’acquisizione di nuovi esemplari. La Wartenberg elenca 8 regole:

  1. Le monete devono essere entrate legalmente negli USA e devono essere rispettate tutte le leggi dei paesi, dai quali potrebbero provenire. Gli acquisti vengono condotti solo presso commercianti conosciuti.
  2. Nel caso di monete provenienti probabilmente da Siria o Iraq è possibile acquistare solo monete con documentata provenienza: l’ideale sarebbe prima del 1970, ma come minimo 10 anni. La regola in caso di mancanza di provenienza è presumere il peggio, dato che la probabilità che una moneta fresca presente sul mercato abbia una vecchia provenienza è molto scarsa.
  3. E’ necessario cercare la provevienza di una moneta con ogni mezzo disponibile, che sia cartaceo o informatico.
  4. Non si accettano donazioni di materiale privo di provenienza.
  5. Si invitano i soci a seguire queste linee guida. E io invito voi che state leggendo questo articolo.
  6. Tutti gli oggetti acquisiti sono pubblicati e di libera consultazione nel database informatico Mantis dell’associazione.
  7. La società si impegna a svolgere attente indagini qualora venga messa in dubbio la legalità dell’acquisizione di qualche esemplare.
  8. La società si impegna a svolgere un ruolo attivo per accrescere la comune consapevolezza circa la distruzione del patrimonio culturale delle altre nazioni e l’impatto del saccheggio di antichità, monete incluse, sulle guerre civili e le sofferenze umane. Poichè è impossibile cancellare i danni inflitti dai saccheggiatori e da coloro che si avvantaggiano della loro opera, è necessario creare un dialogo tra collezionisti, commercianti, archeologi, legislatori e forze dell’ordine al fine di creare una numismatica accademica e collezionistica del XXI secolo, come dovrebbe essere e, mia aggiunta, certamente oggi non è.

BIBLIOGRAFIA:

R. Bland, The Coinage of Vabalathus and Zenobia from Antioch and Alexandria, in «NC», 171, 2011, pp. 133-186. Disponibile online: https://www.academia.edu/2525613/_The_coinage_of_Vabalathus_and_Zenobia_from_Antioch_and_Alexandria_Numismatic_Chronicle_171_2011?auto=download

J. H. Oakley, “The Autonomous Wreathed Tetradrachms of Kyme, Aeolis”, in «ANSMN», 27, 1982, pp. 1-37. Disponibile online: https://babel.hathitrust.org/cgi/pt?id=mdp.39015018631930;view=1up;seq=310

U. Wartenberg Kagan, Collecting Coins and the Conflict in Syria, presentazione per «Conflict Antiquities: Forging a Public/Private Response to Save Iraq and Syria’s Endangered Cultural Heritage», simposio, Metropolitan Museum of Art, New York, 29 settembre 2015. Disponibile online: https://eca.state.gov/files/bureau/wartenbergsyria-coincollecting.pdf

 

 

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