DIMINI-IOLCO
Orsù, stammi vicino, Erato, e cantami come Giasone portò il vello d’oro a Iolco da quelle terre lontane grazie all’amore di Medea.
Così scriveva Apollonio Rodio nell’incipit del terzo libro delle sue Argonautiche; e ancora (I, 317-319), dopo aver fatto il catalogo di tutti i famosissimi eroi che sarebbero partiti sulla nave Argo assieme a Giasone, che quest’ultimo quand’ebbe lasciato le vie ben tracciate della città (cioè Iolco), giunse alla spiaggia di Pagase, e qui i compagni lo accolsero: aspettavano tutti assieme presso la nave.
Ma dove si trova l’antica Iolco? Esisteva davvero? Certamente sì, così come tutte le altre città ricordate da Omero, i cui racconti, pur trasfigurati dal potente filtro del mito, affondano le proprie radici nella fase finale dell’Età del Bronzo, ossia il periodo miceneo (ca 1700-1100 a.C.).
In Grecia è meraviglioso visitare non solo i “luoghi della storia”, ma anche i “luoghi del mito”, cioè quei luoghi reali nei quali gli antichi collocavano le vicende di dei ed eroi, anche se in realtà per quegli stessi uomini una tale differenziazione non sarebbe esistita. Per i Greci infatti il mito era storia tanto quanto lo erano ad esempio le Guerre Persiane.
Ma tornando a noi, le vicende qui narrate da Apollonio si riferiscono alla generazione precedente alla guerra di Troia, quest’ultima databile attorno al 1190. Se abbiamo una collocazione temporale, ne possiediamo anche una spaziale: ci viene infatti detto che Giasone andò da Iolco fino alla spiaggia di Pagase dove era atteso per la partenza (cioè il golfo di Pagase sul quale si affacciano Volos e Demetriade). Dunque Iolco non doveva essere molto distante da quello che era il suo porto.
Nell’entroterra a 5 km dalla moderna Volos fu scavato all’inizio del ‘900 l’eccezionale (e lo dico da classicista non particolarmente attirato dalla preistoria) insediamento tardo-neolitico di Dimini (sviluppatosi dalla fine del V millennio a.C.). Qui 200/300 persone abitavano una collinetta di 7,5 acri, con una soluzione “urbanistica” senza confronti.
Infatti sei muri di contenimento costruiti in pietra creavano una serie di fasce concentriche a partire dalla sommità del rilievo, dove, i primi due definivano un’ampio spiazzo comune, fungendo nel contempo da sostegno per il livello superiore.
Numerose ampie abitazioni separate da cortiletti comuni occupavano lo spazio.
Ma un aspetto particolarmente interessante ai fini del nostro discorso è che questo sito ebbe una lunghissima continuità abitativa durata migliaia di anni.
Venne infatti abbandonato solamente col crollo della civiltà micenea nel corso del XII secolo a.C.
Nel 1980 venne scoperto un esteso insediamento miceneo di 25 acri poco distante dalla collinetta oltre un palazzo (che arrivava fin sopra l’altura), ossia centro amministrativo, posto in posizione dominante su tutto il Golfo di Pagase.
Da notare poi il posizionamento degli edifici micenei ai due lati di una via ben tracciata, come si può vedere in pianta (l’insediamento miceneo era chiuso per restauri).
Inoltre a breve distanza sono presenti due tipiche tombe a tholos micenee, che dovevano ospitare i resti dei sovrani della città. Chissà… magari lo stesso Giasone…
Si tratta dell’unico palazzo miceneo con annesse sepolture regali attestato in quest’area geografica: quindi l’omerica Iolco.
SESKLO
A poca distanza si trova un secondo sito neolitico, più grande, antico e archeologicamente importante del precedente. Fiorito anch’esso su una collina dalla fine del VII millennio fino al Bronzo Medio (prima metà del II millennio a.C.) ha dato il nome alla cultura neolitica di area tessalica.
Tra gli edifici più significativi voglio citarne due collocati l’uno accanto all’altro sulla sommità del rilievo: la Casa della Ceramica, per l’appunto un laboratorio per la produzione di oggetti (specialmente vasi) in questo materiale e il cosìdetto Megaron. Questo si data nel Tardo Neolitico e per quanto si conservino solamente le fondazioni è particolarmente impressionante.
Costruito nel punto più elevato, era separato dalle abitazioni circostanti da un recinto circolare di pietre e aveva fondazioni di pietra, alzato in mattoni e un tetto di legno. Era costituito da un portico d’accesso a Ovest, da un’ampia sala principale quasi quadrata con tre pali al centro per sorreggere il tetto e una camera posteriore.
Il nome è stato scelto perchè la struttura rimanda a quella del megaron miceneo, che era il cuore del palazzo, abitazione pubblica e privata del re: ne abbiamo qui a Sesklo un antichissimo precedente e ciò testimonia probabilmente un mutamento della struttura sociale.
L’antichità dell’edificio rende le cose ancora più interessanti, visto che solitamente il megaron miceneo è ritenuto a sua volta precursore del tempio greco di epoca storica.
IL PELIO
Il Pelio è una grande penisola montuosa che chiude il Golfo di Pagase verso il Mare Egeo.
Piccoli e graziosi villaggi giaciono abbarbicati su pendii ricoperti da una vegetazione lussureggiante. Bellissime piccole spiaggie sono raggiungibili non meno facilmente di piste da sci, affollate in inverno dagli ateniesi appassionati di questa disciplina.
E’ un luogo selvaggio e ancor di più lo era anche nell’antichità. Non per niente erano le dimore sul Pelio e le vicine grotte di Omole, da dove i centauri cavalcarono alla conquista della Tessaglia, armandosi con pini.1
Qui abitava anche il più istruito e meno barbaro tra loro: Chirone. Così discutono tra loro Agamennone e sua moglie Clitemnestra:
Peleo, che sposò la figlia di Nereo (divinità marina. Sua figlia era Teti).
…
Ma dove la sposò? Tra le onde del mare?
Nella casa di Chirone, alle pendici del Pelio sacro.
Cosa! Nella dimora assegnata alla razza dei centauri?
Fu là che gli dei celebrarono la festa di nozze di Peleo.
Fu Teti o suo padre ad addestrare Achille?
Chirone lo crebbe…2
1Euripide, Eracle, 370-372.
2Euripide, Ifigenia in Aulide, 701-709.
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