Ritorniamo verso Atene, non senza passare da alcuni luoghi importanti.
LAMIA
Cittadina della Ftiotde forse ignota ai più, fu teatro del conflitto scoppiato alla morte di Alessandro Magno, da considerarsi come l’ultimo vero sussulto di libertà del mondo ellenico e al quale essa diede il nome: la Guerra Lamiaca.
Il centro abitato è letteralmente dominato da un’antica fortezza, certamente più volte modificatasi nel corso dei secoli, ma che per la propria posizione fu sempre difficilmente conquistabile, oggi sede di un bel Museo Archeologico.
Morto Alessandro a Babilonia nel giugno del 323, il vento mai completamente sopito della libertà ellenica diede nuovo vigore alle braci del malcontento che, rimaste nascoste sotto uno spesso strato di ceneri dopo la battaglia di Cheronea del 338 a.C., divennero un vero e proprio incendio.
Guidati dagli Ateniesi, quasi tutti i Greci si sollevarono contro i dominatori Macedoni, compresi i “fidati” cavalieri tessali ed Antipatro, essendo stato vinto in battaglia, non avendo ardimento di affrontarli di nuovo, nè potendo con sicurezza ritirarsi in Macedonia, si riparò a Lamia, ove tenendo in buona disciplina i soldati, restaurando le mura e provvedendosi d’armi, catapulte e frumento, andò aspettando rinforzi dall’Asia (Diodoro Siculo, Biblioteca Historica, 18, 12, 4).
Inutile dire che le difese ressero, i rinforzi arrivarono e la coalizione greca venne definitivamente sconfitta.
MARATONA
Nella tarda estate del 490 a.C. 20.000 Persiani sbarcarono in territorio attico nella piana di Maratona. Su esortazione di Milziade 6/7.000 opliti ateniesi e plateesi guidati dal polemarco Callimaco marciarono contro di loro.
Dopo alcuni giorni passati a fronteggiarsi dopo che furono riordinati e i sacrifici furono favorevoli, gli Ateniesi furono mandati avanti e caricarono gli stranieri di corsa. Lo spazio tra i due eserciti era non meno di 8 stadii (circa 1.400 m). I Persiani li videro attaccare di corsa e si preparano a riceverli, pensando che gli Ateniesi fossero completamente impazziti, poichè vedevano quanto fossero in pochi e arrivassero di corsa senza cavalleria o arceri. Così pensavano gli stranieri, ma quando gli Ateniesi tutti assieme piombarono su di loro combatterono in modo degno di essere ricordato… Combatterono a lungo a Maratona… Gli Ateniesi prevalsero e poi inseguirono i Persiani che fuggivano e gli abbatterono… (Erodoto, Storie, 6, 112-113).
Negli scontri e nella rotta che seguì perirono circa 6.400 orientali e solamente 192 Ateniesi, tra i quali però lo stesso Callimaco. A quell’epoca non esistevano i generali da salotto!
I caduti greci furono sepolti non lontano dal campo di battaglia in un celebre tumulo visibile ancora oggi.
Il rituale della cremazione qui praticato e l’utilizzo del tumulo rimandano senza dubbio ai rituali funerari impiegati nell’Iliade per gli eroi; in questo caso eroi della democrazia greca ed ateniese in particolare. E’ attestato infatti un vero e proprio culto eroico per questi maratonomachi all’interno della polis attica.
Tuttavia nella coscienza collettiva Maratona richiama essenzialmente la famosa corsa lunga ben 42,195 km, cioè la distanza tra il sito della battaglia e l’Atene antica.
Solo nel I secolo d.C., cioè dopo oltre 500 anni, Plutarco (Plutarco, Sulla gloria degli Ateniesi, 3) racconta che Tersippo di Ereade fu il primo a riportare le notizie della battaglia di Maratona, come riferisce Eraclide Pontico. Ma i più raccontano che Eucle, correndo armato con ancora le ferite della battaglia, dopo essere entrato nella prima porta che incontrò spirò solamente con queste parole sulle labbra: “Salute! Siamo vincitori!”.
Un secolo dopo Luciano di Samosata riferisce la stessa versione, ma l’eroe diventa Filippide (o Fidippide), come comunemente noto oggi.
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